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Gestore della settimana: "La politica monetaria di Draghi? Un rimedio peggiore del male"

6/29/2015 | Massimo Morici

Lo spiega ad AdvisorOnline.it James Harries, gestore del fondo BNY Mellon Global Real Return


Lo scopo del QE è prendere tempo, negli USA, in Giappone e ovunque si attuino politiche monetarie di questo tipo, ma non sarà certo un rimedio ai quei problemi strutturali che affliggono le nostre economie, come l’eccessivo indebitamento, deficit, l’invecchiamento della popolazione, la competizione globale, l’ascesa di nuove tecnologie dirompenti. Inoltre il QE porta con sé anche delle conseguenze inattese”. Così James Harries (nella foto), gestore del fondo BNY Mellon Global Real Return, spiega ad AdvisorOnline.it, la politica monetaria inaugurata da Mario Draghi a inizio anno e che terminerà, secondo i piani, il settembre del 2016.


Quali sono i rischi connessi alle politiche monetarie estremamente accomodanti?


Queste politiche monetarie estremamente accomodanti possono portare all’aumento dell’ineguaglianza sociale e incrementare la speculazione finanziaria, perché spingono gli investitori a caccia di rendimenti verso asset più rischiosi. Quello che è sorprendente è che pochi si chiedono se effettivamente il QE funzioni, se effettivamente farà quello che si suppone faccia. Non ci ha sorpreso che la Bce abbia annunciato il QE, ma non sappiamo se funzionerà.


Nel 2009 Bernanke aveva detto che sarebbe finito negli USA nel 2010 ma poi ha prolungato per altri quattro anni. Succederà anche questa volta?


La storia del QE ci insegna che è facile iniziare, ma difficile smettere. In teoria, i manuali ci insegnano che il QE termina quando l'economia riprende. Non so quale sarà lo scenario post QE in Europa. Tuttavia è difficile immagine che un programma del genere termini senza generare volatilità sui mercati. Quando il QE viene azionato, la gente pensa che sopprima i rendimenti. Il che è vero, in un primo momento, ma a lungo andare, rendendo meno appettibili i rendimenti obbligazionari, gli investitori tendono a ricercare opportunità altrove e ciò potrebbe rischiare di provocare dei sell off su questa asset class.


Qual è la vostra asset allocation in questo scenario?


Non abbiamo un’esposizione al fixed income in Europa. Sul reddito fisso, ci piacciono invece l’Australia e la Nuova Zelanda. Preferiamo i Treasuries nell’universo dei bond dei mercati sviluppati, che hanno un premio rispetto al Bund, anche se occorre considerare il prossimo rialzo dei tassi della Fed che potrebbe avere ripercussioni sulla parte lunga della curva. I Gilt non ci convincono molto: l’economia del Regno Unito è focalizzata su consumi e banche, che nel nostro outlook non dovrebbero performare e dovrebbero deprezzarsi. All’interno del nostro portafoglio abbiamo inoltre de-enfatizzato quelle aree in cui il capitale non è remunerato. Ad esempio, abbiamo cercato di ridurre tutto ciò che è esposto al rallentamento della Cina, e cioè il dollaro australiano, il dollaro canadese, i titoli industriali, le commodities come l’acciaio e altro ancora.


Ci sono altre aree in cui individuate opportunità interessanti?


Un'altra area cui abbiamo ridotto l’esposizione è quella relativa al debito emergente: molti capitali sono affluiti nel debito emergente e nei fondi che vi investono, ma il rialzo dei tassi da parte della Fed potrebbe invertire questo flusso causando problemi di liquidità per molti di questi fondi. Per la generazione di alpha nell’azionario, le migliori opportunità si trovano in settori come healthcare, telecom, utility, tabacco, It, media, società che operano in settori stabili e con una politica di dividendi sostenibile.

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