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Sei motivi per credere ancora nel biotech

5/15/2015 | Redazione Advisor

Il Nasdaq Biotechnology è ancora in rialzo del 14% da inizio anno. L'analisi di Giampaolo Nodari a.d. di J.Lamarck


Dopo una corsa durata quattro anni, le aziende biotech continuano a dare grandi soddisfazioni ai loro azionisti. L’indice Nasdaq Biotechnology è ancora in rialzo del 14% da inizio anno smentendo tutti coloro che da anni continuano a ripetere che la fine è vicina. Gli analisti specializzati di J. Lamarck sono invece di parere opposto. Non basando le loro valutazioni soltanto sul prezzo, sostengono che le discese occasionali del mercato possano rappresentare delle ghiotte occasioni per gli investitori più attenti e preparati.

Gianpaolo Nodari (nella foto), a.d. di J.Lamarck, spiega sotto i sei motivi che spingono a rigettare con forza l’ipotesi di una bolla, in effetti non c’è nulla di più sbagliato che considerare la sovraperformance della biotecnologia come tale.

1. Come ben sappiamo, i vari programmi di allentamento monetario di Fed, Bce e BoJ hanno immesso sul mercato una grande quantità di denaro. Il settore biotech ha attratto 8,6 miliardi di dollari in venture capital nel 2014, segnando il livello più alto dal 2007. Tuttavia, considerando lo straordinario sviluppo che il settore ha sperimentato, non riteniamo che questo ingente afflusso di capitali si configuri come una bolla dato che il numero di imprese che hanno ottenuto finanziamenti è rimasto relativamente stabile negli ultimi dieci anni. Tale quantità di denaro, proveniente da venture capitalist o dal mercato, è ancora del tutto ragionevole, specie se raffrontato ai bilanci del settore farmaceutico. Le principali aziende farmaceutiche, che negli ultimi anni hanno ridotto l’attività di ricerca e sviluppo interna, sono dipendenti da nuovi prodotti che prevedono di ottenere attraverso collaborazioni, investimenti od operazioni di fusione/acquisizione con aziende del settore biotech. Se ipotizziamo che queste aziende, denominate Big Pharma, dirottino anche solo il 5% del loro bilancio (circa 110 miliardi di dollari) verso società biotech, il flusso di capitali che ne deriverebbe basterebbe per finanziare per almeno un anno le circa 500 aziende biotech sostenute oggi da venture capital

2. Il mercato è sempre più esigente e non ha la frenesia tipica delle bolle. Per esempio, l'entusiasmo sull’immunoterapia contro il cancro o le tecnologie cosiddette “antisense” non hanno indotto gli investitori a perdere la testa come invece è avvenuto nel 2000 con gli anticorpi monoclonali (nonostante questi siano divenuti oggi i farmaci più venduti al mondo). Gli investitori sono oggi più selettivi nei riguardi di tecnologie e strategie.

3. Le alte valutazioni sono sostenute principalmente da operazioni di fusioni ed acquisizioni. Non si tratta dunque solo di gestori di fondi o di investitori al dettaglio fuorviati da speranze e sogni sfrenati, sono le grandi aziende farmaceutiche che stanno pagando un price premium per asset da loro ritenuti fortemente strategici. É denaro reale, non speculazione.

4. I progressi scientifici sono reali. Esiste differenza tra comprare aziende che abbiano progetti interessanti (ma non provati) o acquistare società che hanno sviluppato cure reali. Ci sono stati progressi incredibili nel settore, pensiamo alle cure per l'epatite C. Anche l’immunoterapia contro il cancro è reale ed oggi sta facendo la differenza nella cura di melanoma e tumori del sangue. Altri approcci terapeutici, dai farmaci RNAi alla terapia genica, stanno producendo dati notevoli ed il loro potenziale commerciale è molto elevato.

5. I nuovi farmaci approvati hanno portato enormi profitti alle società biotech e l'aumento dei prezzi delle azioni non sempre significa che le valutazioni siano tese. É difficile sostenere, per esempio, che Gilead Sciences sia affetta da una bolla in questo momento, visto che nell’ultima trimestrale la società ha riportato un utile di 4,3 miliardi di dollari - più di quanto ha guadagnato in tutto il 2013. Le nostre stime indicano un utile di circa 17 miliardi per il 2015, a fronte di una capitalizzazione di mercato pari a 150 miliardi di dollari (equivalente ad un P/E di poco inferiore a 9). Assolutamente accettabile se consideriamo che Pfizer, con una capitalizzazione di mercato di 208 miliardi di dollari guadagnerà circa 9 miliardi quest'anno o Novartis che, con una capitalizzazione di 244 miliardi di dollari dovrebbe riportare profitti di 10 miliardi o ancora Merck, che prevede di guadagnare 9,7 miliardi di dollari a fronte di una capitalizzazione di mercato di 168 miliardi. A questo si aggiunga che Gilead ha 10 prodotti nell’ultima fase di test o in attesa di approvazione di marketing.

6. Il contesto regolamentare (presso le due autorità di controllo e valutazione dei farmaci, americana – FDA – ed europea – EMA – che hanno il compito di controllare l’efficacia e la tollerabilità dei medicinali prima della loro immissione sul mercato) è notevolmente migliorato garantendo l’approvazione di 44 nuovi farmaci nel 2014, più del doppio di quanti approvati nel 2008.

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