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Pf, basta uno "sceriffo"

11/8/2012 | andrea.giacobino

I consulenti finanziari (ex-promotori finanziari) non agiscono in base a interessi corporativi. E la legge sull’obbligo di iscrizione all’albo dell’OAM ne è la prova più evidente.


Il governo presieduto da Mario Monti ha meriti indiscussi. Il primo e più importante è quello di avere restituito credibilità internazionale all’Italia che nei consessi mondiali veniva additata ogni anno in più che passava come un paese in preda a corruzione diffusa frutto di una politica schiava di interessi personali, ostaggio del malaffare endemico e votata così a un lento ma inesorabile declino. Monti ha invertito questo cammino e oggi l’Italia è tornata a essere un interlocutore autorevole e apprezzato da grandi nazioni come gli Stati Uniti e la Cina; la sua posizione è maggiormente ascoltata nell’ambito dell’Unione Europea e, all’interno dei nostri confini, noi italiani abbiamo persino ritrovato un pizzico di orgoglio nazionale.
 
Il professor Monti è riuscito a raggiungere questi traguardi, e altri ne raggiungerà, anche perché non si è piegato da “tecnico” a quella cara, vecchia logica clientelare tipica di tutti i governi cosiddetti “politici”; quelli cioè che inevitabilmente rappresentano e tutelano perlopiù interessi di parte. 
In un paese come il nostro, corporativo nelle sue viscere fin dall’epoca delle corporazioni medioevali che oggi si definiscono più nobilmente “lobby”, quello di Monti è stato un gesto al limite del temerario. 
In questa linea di comportamento, frutto di una scelta, anzitutto ideale, perseguita dall’attuale governo con determinazione, ci sono molte ottime ragioni: l’interesse nazionale è, infatti, “super partes”, cioè letteralmente va oltre le singole parti, i singoli “partiti” e gli interessi dei singoli o dei gruppi che li rappresentano. Andare al di là nella conduzione della “res publica” della logica della concertazione a tutti i costi è la scelta che Monti ha rivendicato con orgoglio.
 
Ma talora questa spinta ideale finisce per essere controproducente. Qualche volta, cioè, l’assenza di mediazione con gli interessi rischia di diventare un boomerang. 
È il caso, nel nostro piccolo, dei consulenti finanziari (ex-promotori finanziari) e del decreto legge che il governo ha varato lo scorso 14 settembre prevedendo la doppia iscrizione all’Albo dei pf e all’Organismo degli Agenti e Mediatori (OAM). 
Questa duplicità di iscrizioni e controlli è certamente un aggravio di costi per il consulente (ex-promotore) (circa 1.500 euro/anno, che di questi tempi non son pochi), ma è anche un “mostro giuridico”, tenuto conto che da anni la Consob vigila sui consulenti finanziari (ex-promotori finanziari) e che l’organismo per la tenuta dell’Albo è frutto della stretta collaborazione fra la stessa Consob, Abi e Anasf. 
Ciò che rende ancora più controproducente la misura del governo è che, al contrario, il dibattito in sede parlamentare svoltosi presso la Commissione Finanze del Senato aveva perfettamente segnalato la illogicità per il consulente (ex-promotore) della doppia iscrizione.
 
Bene hanno fatto, quindi, i senatori Giorgio Costa (Pdl), Maria Leddi (Pd), Maria Ilda Germontani (PdL) e Elio Lannutti (Idv), tutti membri della Commissione Finanze di Palazzo Madama, a presentare un’interpellanza sulla materia al Ministro dell’Economia e delle Finanze Vittorio Grilli
In essa chiedono al ministro “quali siano le ragioni che hanno portato il Governo a disattendere completamente i pareri parlamentari espressi sulla disposizione ignorando il dibattito parlamentare sul tema, sussistendo comunque un obbligo politico di motivare le scelte compiute; se esistano margini di ripensamento e di correzione della norma; se non si ritenga opportuno quindi riconsiderare le decisioni assunte, eliminando l’assurdo giuridico della duplicazione degli oneri burocratici ed economici in capo alla categoria dei consulenti finanziari (ex-promotori finanziari), che tra l’altro svolgono la loro attività professionalmente ed operano per la tutela del risparmio dei consumatori in condizioni di perdurante crisi economica”.
 
Il punto è proprio questo: i consulenti finanziari (ex-promotori finanziari) non sono una lobby, ma sono professionisti al servizio di uno dei beni più importanti del Paese, quello dei sudati risparmi dei cittadini. I consulenti finanziari (ex-promotori finanziari) non agiscono in base a interessi corporativi perché il bene che più hanno a cuore è la tutela del portafoglio del loro cliente. 
E per vigilare sul lavoro che fanno, oggi più duro che mai visto il protrarsi della crisi, uno sceriffo basta e avanza.
 
Articolo tratto da ADVISOR, newsmagazine della consulenza finanziaria

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