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4/16/2024 | Daniele Barzaghi
L’Open Finance, applicata al settore finanziario e assicurativo, ha l’obiettivo di catturare tutte le opportunità di business derivanti dal ricorso a risorse (come idee, competenze, dati) esterne all’azienda.
“Questa innovazione impatterà sul private banking aumentando la competizione (72%, ndr) e rafforzerà il modello di consulenza evoluta, valorizzando la componente umana del servizio” esordisce Mauro Panebianco, partner di PwC Italia, aprendo i lavori dell’incontro “Open Finance, nuove opportunità per la consulenza evoluta” organizzato a Milano dalla società di consulenza aziendale insieme ad AIPB, l’Associazione Italiana Private Banking.
“Cogliere le opportunità dai processi di innovazione è uno degli interrogativi fondamentali dell’industria del private banking contemporanea” prende la parola Andrea Ragaini (in foto sopra), presidente di AIPB. “Sul tema dell’Open Finance siamo in ritardo. Parlo del mio: su 300.000 clienti della mia banca solo 1.000 hanno per ora dato il consenso alla condivisione dei propri dati. C’è da lavorare”.
“Secondo i leader del private banking da noi sondati l’Open Finance aumenterà la competizione (72% dei rispondenti) e garantirà una maggiore trasparenza dei costi (66%)” prosegue Ragaini. “Ma veniamo a come determinerà il nostro lavoro dei prossimi anni, l’aspetto più rilevante. Per tutti i sondati rafforzerà la consulenza evoluta, valorizzando la componente umana rispetto ad attori puramente digitali; per il 79% delle risposte porterà a sviluppare soluzioni interne di aggregazione dei dati finanziari; e integrerà gli aggregatori di servizi finanziari esterni (61%).
“Molto rilevante sarà monitorare come sarà organizzata l’inclusione di operatori dei soggetti finanziari autorizzati ai servizi di investimento e credito; così come la modalità di protezione dei segreti commerciali – come la costruzione quotidiana dei portafogli – e dei diritti di proprietà intellettuale relativi ai dati elaborati dagli operatori” conclude Ragaini, richiamando le grandi opportunità e i rischi legati alla Open Finance.
“L’Open Finance affonda le proprie radici, dal punto di vista normativa, nel regolamento FIDA, contenente i diritti e gli obblighi per gestire l’accesso ai dati finanziari dei clienti nel settore finanziario e regolarne la condivisione” l’avvocato Fabrizio Cascinelli, partner di PwC TLS. “Alla base vi è il consenso all’uso dei dati da parte dei clienti. A quel punto gli intermediari, i dataholder, saranno obbligati a dare accesso a queste metriche ai soggetti terzi che ne faranno domanda”.
“Meno dei 2% dei clienti delle banche digitali utilizzano in Europa i servizi dell'Open Banking, antesignana dell'Open Finance” prosegue il ragionamento Paolo Gusmerini, director Payment & digital banking di PwC Italia, illustrando il ritardo dell'adozione già accennato da Ragaini. “Puoi portare il cavallo al fiume ma non puoi obbligarlo a bere” aggiunge segnalando come mancanza di fiducia e di consapolezza da parte dei clienti abbiano finora rallentato l'evoluzione dei servizi. “Bisogna esplicitare ai clienti come la condivisione dei dati, guardata oggi con sospetto, porterà a migliorare i servizi finali”.
“Conoscere meglio la clientela, offrire una proposta più tempestiva e innovare i prodotti calibrati sulle singole esigenze sono conseguenze dell'Open Finance che qualunque cittadino può comprendere e condividere”.
“Quest'ultimo aspetto, l'offerta di un servizio comprensibile, davvero utile, sarà l'elemento di successo dell'Open Finance, superando gli errori fatti nell'Open Banking” conclude Ragaini
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