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5/17/2017 | Massimo Trabattoni (*)
Gli esami per l'Europa non sono ancora finiti. La vittoria di Emmanuel Macron al ballottaggio è stata sostanzialmente un non-evento, perché, dopo il primo turno, i mercati avevano già iniziato a scontare il risultato positivo.
Ora bisogna attendere le legislative francesi, in calendario per l'11 e il 18 giugno, il cui esito condizionerà inevitabilmente lo slancio riformista del neo-presidente. Un parlamento orientato al cambiamento, in grado di portare avanti le riforme annunciate durante la campagna elettorale, potrebbe dare continuità all'effetto Macron sui listini. In ogni caso, se guardiamo alla seconda metà dell'anno, non dovremmo fare i conti con particolari sorprese sul fronte politico. Soprattutto se la paragoniamo con il secondo semestre dello scorso anno, segnato dal referendum su Brexit e dalla vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane.
Intanto, specialmente negli Stati Uniti, il dibattito sulla reflazione continua. Si cerca di capire in che misura il Trump Trade possa proseguire, e questo dipende in buona parte dalla capacità della nuova amministrazione di realizzare le misure di stimolo fiscale promesse. Questo tema a sua volta s'interseca con la traiettoria della politica monetaria. I tassi sono ancora molto contenuti e sappiamo che, da questi livelli, non possono tornare indietro, ma non è chiaro quale sarà la velocità di risalita. Se il piano di Trump dovesse concretizzarsi, giustificherebbe un approccio un po' più aggressivo da parte della Federal Reserve di Janet Yellen. Viceversa, nuove delusioni e ritardi sulla riforma fiscale consentirebbero al Fomc di seguire un percorso più soft. Questa incertezza contribuisce a dare più spazio all'Europa, in questa fase. Senza contare il dibattito sullo smaltimento del bilancio della Fed, gonfiatosi a dismisura dopo tre round di easing quantitativo, fino a 3,5 mila miliardi di dollari, cinque volte i livelli del 2007. Al momento, conviene accantonare la questione e rinviare la soluzione del problema.
Anche in Europa Mario Draghi sembra prendere tempo. Quando il malato smette di assumere le medicine è una buona notizia, significa che è fuori pericolo. Il fatto che, al contrario, la banca centrale europea continui a somministrare la sua terapia ultra-espansiva, lascia intendere che si sono ancora rischi all'orizzonte. In ogni caso, non credo che il percorso di normalizzazione della politica monetaria possa fare progressi prima che sia ultimato questo ciclo elettorale, ovvero prima del voto tedesco.
Nel frattempo, in Europa, la stagione delle trimestrali è andata molto bene. Vale anche per l'Italia, dove, mediamente, i risultati hanno sorpreso positivamente. Anche dal comparto finanziario provengono segnali incoraggianti. Senza nascondere però le divergenze crescenti tra le banche che hanno fatto i compiti - e si sono portate avanti nel processo di pulizia dei bilanci - e quelle che invece devono compiere sforzi ulteriori. Le prime iniziano finalmente a beneficiare dei progressi realizzati.
(*) Responsabile azionario Italia di Kairos
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