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11/28/2023 | Daniele Barzaghi
L’industria italiana del private banking sta invecchiando, almeno guardando l’età anagrafica degli operatori: se la loro età media nel 2012 era di 46 anni nel 2012, oggi arrivano a un dato medio intorno ai 53 anni.
Nell’ultimo decennio i private banker con meno di 40 anni si sono ridotti dal 21 all’11% del totale, così come quelli tra i 40 e i 50 anni – che costituivano il cluster più rilevante – passati dal 50 al 28% dei professionisti.
Nel 2023 l’età dei private banker più comune va dai 50 ai 60 anni – sono il 47% degli operatori ed erano il 27% dieci anni fa – ed è sensibilmente aumentato il numero dei consulenti patrimoniali più anziani, passati dal 2 al 14% del totale.
“L’industria deve certamente attrarre i giovani ma anche valorizzare i senior” ha sottolineato Andrea Ragaini, presidente di AIPB, in occasione della presentazione della diciannovesima edizione del Forum dell’associazione, a Milano, il 28 novembre.
Il 96% delle società di private banking ritiene importante se non prioritario inserire giovani banker – come segnala la ricerca “Orientamenti di business nel private banking 2023” svolta da AIPB – ma ben due operatori su tre hanno al contempo già attivato percorsi per valorizzare i professionisti in età da pensione.
Le due esigenze si combinano nella creazione di team multigenerazionali di private banker già attivati dal 71% delle banche, che trovano il consenso di circa l’80% dei professionisti in materia.
I giovani sono attratti dalla professione nel 71% del campione della ricerca AIPB “Il settore finanziario e il private banking: come attrarre la next generation” ma il problema è rappresentato dalla ancora scarsa notorietà dell’industria della tutela e dello sviluppo dei grandi patrimoni, conosciuta soltanto dal 15% dei giovani sondati.
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