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Sanna (Scm Sim): “Tre nodi da sciogliere sulla voluntary”

3/18/2015 | pieremilio.gadda

La Circolare dell'Agenzia delle Entrate, pubblicata venerdì 13, non ha chiarito tutti i punti in sospeso. Servono urgenti delucidazioni


Dopo gli accordi bilaterali con Svizzera, Montecarlo e Liechtenstein e l'approvazione dell'emendamento Sanga, il tassello mancante della voluntary disclosure è arrivato venerdì scorso, con l'attesa Circolare dell'Agenzia delle Entrate. “Tuttavia, la Circolare lascia in sospeso alcuni punti importanti su cui ci si aspettavano chiarimenti”, ricorda Antonello Sanna, ad di Scm Sim (nella foto).

 

Domanda: quali nodi devono ancora essere risolti?

Risposta: Ne segnaliamo tre: il primo è il delicato tema del raddoppio degli anni da regolarizzare nel caso in cui l'amministrazione ravvisi gli estremi di reati per i quali viga l'obbligo di denuncia. Sul tema nulla dice la circolare e ciò può rappresentare un serio ostacolo alle regolarizzazioni più rilevanti. In questi casi, infatti, il contribuente che regolarizza la sua posizione potrebbe far scattare involontariamente la segnalazione penale all'autorità giudiziaria di una fattispecie di reato tributario con tutte le relative nonché gravose conseguenze. Un altro aspetto rilevante, non chiarito dalla circolare, è il trattamento dei prelievi effettuati nel corso degli anni regolarizzabili. Questa è una problematica molto diffusa tra i soggetti che intendono regolarizzare la propria posizione. Infatti, in assenza di documenti che giustifichino i predetti prelievi vi è il rischio che gli stessi possano essere ripresi a tassazione e la circolare non prevede alcunché, neppure, come si sperava, che questo rischio fosse scongiurato per i prelievi di modica entità.

 

D. E il terzo punto?

R. Riguarda la doppia imposizione dei redditi realizzati da società controllate estere su cui siano state regolarmente pagate le imposte all'estero. Secondo la normativa tributaria, in assenza di dichiarazione in Italia di detti redditi, le imposte estere non possono essere portate in detrazione dall'imposta italiana applicata sui redditi medesimi (attratti a tassazione in Italia in virtù della normativa CFC). Tuttavia, nel caso della regolarizzazione, questo porterebbe all'assurda conseguenza di tassare i redditi esteri due volte: la prima all'estero e successivamente in Italia per effetto dell'adesione alla voluntary disclosure. Tale risultato è in palese contrasto con un principio cardine della nostra cultura tributaria ovvero il divieto di doppia imposizione.

 

D. Servirà ancora tempo, quindi, per approfondire la materia...

R. Auspichiamo che intervengano a breve delucidazioni da parte dell'amministrazione finanziaria e provvedimenti normativi volti a scongiurare difficoltà operative, in particolare in riferimento al raddoppio dei termini in caso di contestazione di reati. Tuttavia riteniamo che il quadro si stia chiudendo: il tempo è maturo per pensare concretamente alla regolarizzazione.   

 

D. Alla fine la collaborazione volontaria avrà successo?

R. A causa del contesto internazionale che si è venuto a creare, riteniamo che la voluntary disclosure avrà successo ed i capitali rimpatriati saranno di cospicuo ammontare. E' difficile fare una stima ma si parla di decine di miliardi di euro.

 

D. Cosa rischia chi deciderà di non aderire?

R. Per effetto delle intese bilaterali sullo scambio delle informazioni e degli accordi multilaterali che entreranno in vigore tra il 2017 e il 2018, coloro che non regolarizzeranno la propria posizione fiscale correranno il serio rischio di essere rintracciati e, pertanto, di subire sanzioni tributarie molto più elevate rispetto a quelle previste dalla normativa sulla voluntary e addirittura di incorrere nel penale qualora le violazioni commesse integrino gli estremi di specifici reati, che invece non sono punibili nel caso di adesione alla procedura di regolarizzazione.  

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