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“Gli high yield non sono ancora un affare”

11/12/2014 | Redazione Advisor

Nonostante la correzione, secondo gli analisti di Credit Suisse Private Banking, le valutazioni restano poco attraenti. A rischio la parte breve della curva americana


L'andamento dei titoli di Stato americani nel corso del 2014 ha sorpreso gli investitori forse più di ogni altro asset. Dal 3% sfiorato a inizio anno, i rendimenti del decennale sono scesi fino a toccare il minimo intraday di 1,86 a metà ottobre, prima di riportarsi a quota 2,3%. “Contrariamente ai rally precedenti di quest’anno, però, i rendimenti sui Treasury a breve scadenza sono diminuiti più che quelli a lungo termine, poiché il mercato ha spostato in avanti la data prevista per i primi aumenti dei tassi da parte di Fed e BoE”, osserva Sylvie Golay Markovich, Head of Fixed Income Analysis per Credit Suisse Private Banking.

 

Il un quadro economico ancora solido per gli Usa, il segmento breve delle curve dei rendimenti americana (e inglese) dovrebbe quindi essere il più vulnerabile nei prossimi mesi, man mano che aumentano le aspettative di una stretta monetaria da parte delle rispettive banche centrali. “Anche il segmento lungo dovrebbe aumentare, ma più progressivamente, vista l’assenza di pressioni inflazionistiche”, conclude l'analista. Secondo cui, i governativi dei Paesi periferici della zona euro potrebbero registrare una forte volatilità in balia delle aspettative di interventi della Bce, verso performance superiori, tuttavia, nel 2015, favorite da un solido incremento dei nuovi prestiti mirati (Tltro) o da indicazioni concrete di un QE su larga scala, qualora i programmi già annunciati dovesse deludere.

 

Intanto, dopo la violenta correzione subita dai titoli high yield, in molti sono tornati a guardare con interesse all'universo speculativo. Ma secondo Markovich, “Le obbligazioni high yield non sono ancora un affare: ai livelli di volatilità attuali, consideriamo ancora poco interessanti le valutazioni dei titoli high yield. Anche se la volatilità del mercato dovesse rientrare entro i livelli inferiori normalmente osservati alla fine dell’anno, le valutazioni rimarrebbero comunque a livelli considerati poco interessanti dai nostri modelli”. Inoltre, spiega l'analista, i cambiamenti intervenuti nella regolamentazione del sistema bancario rischiano di ridurre la liquidità del mercato e tenderanno in futuro ad esacerbare i movimenti dei mercati. “Dal momento che è proprio la liquidità a incidere maggiormente sugli spread del credito, soprattutto in momenti di stress, la minore profondità del mercato dovrebbe automaticamente determinare un aumento degli spread”.

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