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9/10/2014 | pieremilio.gadda
Mario Draghi è sul piede di guerra, contro le forze deflattive che sfiancano l'economia europea. Dopo le misure annunciate lo scorso 4 settembre – taglio dei tassi e lancio del piano per l'acquisto di titoli Abs (Asset backed securities) e covered bond a partire da ottobre, si rendono necessari alcuni interventi correttivi nella gestione dei portafogli. “L'iniziativa del presidente Draghi a sostegno del credito in Europa dovrebbe portare ancora un po' di beneficio, nel reddito fisso, ai prodotti a spread, siano titoli di Stato di Paesi periferici o corporate bond: c'è spazio per una ulteriore compressione dei rendimenti ma se si analizza il rapporto rischio/rendimento di questi segmenti, non è facile trovare valore”, conclude Aldo Martinale, responsabile Funzione Studi e Analisi di Banca Intermobiliare.
Vale la pena ricordare che a pochi giorni dalla riunione del Consiglio Direttivo della Bce, il rendimento dei titoli di Stato italiani a 10 anni è sceso fino al 2,25% prima di stabilizzarsi sopra l'1,30%. A questi livelli, con un differenziale Btp-Bund schiacciato a 135 punti base, è difficile immaginare che la corsa dei nostri titoli di Stato italiani possa proseguire a lungo. Secondo Martinale, gli effetti delle nuove misure ultra-espansive potrebbero farsi sentire soprattutto sul mondo azionario. Qui l'Europa sconta una politica monetaria favorevole, anche in termini relativi rispetto a quella americana, come testimonia il recente deprezzamento della moneta unica rispetto al biglietto verde, fin sotto quota 1,30. Un trend destinato, secondo l'analista, ad intensificarsi nei prossimi mesi.
Non c'è dubbio che lo stato di salute dell'economia americana sia nettamente migliore rispetto a quello del Vecchio Continente. “Ma la Borsa americana sta già incorporando le aspettative di un'accelerazione della ripresa. I livelli valutativi sono impegnativi. In Europa il rischio è più elevato, così come il potenziale apprezzamento, dovuto all'effetto liquidità”, conclude il responsabile Funzione Studi e Analisi di Bim. I listini europei sono infatti più a buon mercato, scontano una serie di fattori di rischio legati alla fragilità della ripresa, alla necessità di riforme strutturali non più rinviabili, allo spettro della deflazione, già realtà in 6 Paesi, compresa l'Italia, senza contare il rischio geopolitico legato alla crisi russo-ucraina. Ma le Borse del Vecchio Continente, complice la nuova terapia somministrata della Bce, hanno maggiori potenzialità di crescita. Ammesso che, esaurito l'effetto Draghi, vedano la luce riforme strutturali in Paesi come Italia e Francia e si apra lo spazio per una politica fiscale un po' più espansiva”.
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