Tempo di lettura: 2min
9/2/2015 | pieremilio.gadda
Chi a inizio anno scommetteva sul recupero dei mercati emergenti ha avuto torto. Fin qui, i Paesi meno sviluppati rappresentati dall’Msci Emerging markets hanno perso il 7,17% (in dollari) maturando una sottoperformance di 10 punti rispetto a quelli sviluppati, che guadagnano il 3,33% da inizio anno. Per gli emerging markets il bilancio si aggrava se si considera solo l’ultimo trimestre: -11,60%. E secondo gli analisti, le tendenzie macroeconomiche di molti Paesi continuano a remare contro, nonostante i tassi di riferimento nominali siano caduti in media di 40 punti base da inizio anno, per effetto delle misure di allentamento moneario adottate da Cina, Russia India e da alcuni Paesi dell’Europa centro-orientale.
“La crescita dei prestiti a livello domestico sta rallentando e i flussi di credito alle imprese non finanziarie è stato negativo in molti mercati. Questo dato è in contrasto con i trend in atto in Europa e negli Stati Uniti e suggerisce una traiettoria di crescita più favoreole nei Paesi sviluppati per i prossimi trimestri, rispetto agli emergenti”, osservano Bhanu Baweja, Manik Narain e Patrick Lamaa, stratetigist di Ubs. Attualemente, il differenziale di crescita tra i due mondi (su base ponderata) è dell’1,8%: bisogna tornare al 1998-1999, quano i mercati emergenti stavano cercando di risollevarsi dalle crisi asiatiche, per trovare un valore inferiore.
A livello aggregato, gli ordini all’esportazione pubblicati negli indicatori Pmi dei mercati emergenti si trovano sotto la soglia dei 50 punti che separa l’espansione dalla contrazione. “Persino i numeri della Corea e di Taiwan, considerati tradizionalmente predittivi circa l’andamento del ciclo commerciale, appaiono particolarmente deboli. Le esportazioni nei mercati emergenti stanno diminuendo su base annua ad una velocità mai così elevata dalla crisi finanziaria del 2008-9”, calcolano i tre economisti.
Non solo. A livello aggregato, la produzione industriale dei mercati emergenti giace ai livelli più bassi degli ultimi 15 anni. E se si esclude una manciata di Paesi (relativamente piccoli) dell’Europa centro-orientale, non s’intravedono gli effetti positivi prodotti del crollo del prezzo del petrolio e dal consolidamento della ripresa europea. “Negli ultimi 18 mesi – ricordano i tre strategist – le divise emergenti hanno sperimentato solo un modesto deprezzamento (ponderato su base commerciale): hanno perso terreno rispetto al biglietto verde ma si sono rafforzare sull’euro. A luglio, però, molte divise hanno iniziato a deprezzasi anche su base commerciale e riteniamo che questo movimento sia destinato a proseguire”.
Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione
Abbonati a prezzi speciali. La rivista sul tuo desk in ufficio
Scopri le categorie