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Risiko del risparmio: Azimut sotto i riflettori degli analisti

5/21/2015 | Massimo Morici

Dopo il ridimensionamento degli azionisti di riferimento il mercato parla di una possibile aggregazione con un'altra società dell'asset management


Manca più di un mese alla fine del primo semestre e le operazioni di M&A nel settore del risparmio torna ad attirare le attenzioni degli analisti. Dopo l'annuncio dell'accordo tra Pioneer e Santander, che puntano a creare un importante player del gestito di circa 350 miliardi di euro in AUM, e le indiscrezioni sul gruppo Intesa Sanpaolo, alla ricerca di una preda da aggregare al polo del private banking (Fideuram e Intesa Sanpaolo PB), ora è la volta di Azimut.

A mettere la pulce nell'orecchio degli analisti, è stato lo stesso fondatore del gruppo, Pietro Giuliani, che ha deciso di vendere il 75% del suo 1,45% della società, spiegando che la sua intenzione era quella di proteggersi dal beta del mercato. Ma alcuni osservatori si sono spinti oltre. Siamo a un punto di svolta nella storia del gruppo? Se lo chiedono, ad esempio, gli analisti di Citigroup che sottolineano come le cessioni da parte di Timone Fiduciaria (che raggruppa dipendenti, management e pf e ha ceduto una quota apri al 5,26% del capitale) lascia spazio a un'ipotesi di trasformazione: "il ridimensionamento degli azionisti di riferimento insieme a un'opzione di uscita offerta ai partner", spiega la banca americana, potrebbe portare a nuovi cambiamenti.

Non è esclusa "la possibilità che Azimut possa diventare un veicolo" per un'aggregazione "con un'altra società del risparmio gestito, data la maggiore flessibilità della nuova corporate governance". Azimut a fine marzo ha avviato una nuova riorganizzazione che include la trasformazione delle SIM in SGR per rafforzare ulteriormente l’integrazione tra produzione e distribuzione, in coerenza con il modello operativo avuto fin dalla quotazione, e di razionalizzare e semplificare gli assetti societari.

C'è da dire, comunque, che la cessione delle quote da parte di Timone Fiduciaria segue le decisioni prese dagli azionisti aderenti al patto di sindacato, riunitisi il 18 maggio, che hanno apportato alcune modifiche all'accordo con l’obiettivo di limitare a 9 anni il blocco del 75% delle azioni, mantenendo dunque una quota di partecipazione vincolata del 25%. Questo per far sì che, per quanto riguarda i consulenti finanziari (ex-promotori finanziari), la governance del patto sia ribilanciata rispetto all’attuale possesso del 90% delle azioni ai consulenti (ex-promotori) con più di 9 anni di anzianità, che rappresentano però il 25% degli AUC del gruppo e molto meno del 10% della raccolta netta degli ultimi tre anni, e per dare maggiore importanza agli strumenti partecipativi.

Citigroup ricorda che fino ad oggi la maggior parte delle azioni detenute dal patto (19,2% del capitale) erano vincolate fino all'età del pensionamento (65 anni) dei consulenti (ex-promotori) e dipendenti (gestori e management). I soci del patto, inoltre, "al fine di assicurare una ordinata dismissione sul mercato delle azioni libere" possono conferire incarico a Timone Fiduciaria di condurre le attività di dismissione con una modalità ordinata e congiunta di vendita delle azioni, tenuto conto delle condizioni e dell'andamento dei mercati, sino al 31 dicembre 2015.

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