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Ecco perché Draghi fa bene anche ai consulenti (ex-promotori)

1/24/2015 | Massimo Morici

L’annuncio della Bce di un QE da oltre 1.100 miliardi di euro ha galvanizzato un po' tutti, ma a gioire dovrebbero essere soprattutto gli operatori del risparmio gestito


I consulenti (ex-promotori) hanno un nuovo santo. Non in paradiso, ma qui sulla Terra. A Francoforte, per la precisione. È San Mario Draghi. Lo storico annuncio del presidente della Bce di un QE da oltre 1.100 miliardi di euro, giovedì 22 gennaio, ha galvanizzato un po' tutti: la politica, perché ha concesso 18 mesi di tempo all'Unione europea per risollevarsi dalla crisi debitoria e tornare a crescere; le imprese, perché rimette in moto l'economia a forza di dosi massicce di liquidità (60 miliardi di euro al mese); gli investitori, perché sostiene il reddito fisso e dà slancio all'azionario, soprattutto a quei settori ad elevato export (come il lusso); e anche i cittadini, che (ammettiamolo) si sentono più al sicuro, almeno fino a settembre 2016, data in cui terminerà la manovra non convenzionale adottata da Francoforte.

Nel piccolo, però, a gioire dovrebbero essere anche i professionisti dell gestito: asset manager, consulenti (ex-promotori), private banker, wealth manager, family office e consulenti indipendenti. A dirlo, non siamo solo noi, ma anche una banca d'affari che conta: Goldman Sachs, che prevede un'accelerazione della domanda di servizi di consulenza per chi cerca ritorni dai propri risparmi in Europa, soprattutto in Italia. La politica monetaria dell’Eurotower, si legge in un recente report, dovrebbe garantire per un prolungato periodo di tempo tassi di interesse ai minimi per i titoli di Stato facendo aumentare l'appetito per prodotti alternativi, in particolare i prodotti gestiti, che hanno una più elevata marginalità alle società di asset management. 



La mossa della Bce, inoltre, aumenterà la domanda aggregata per il reddito fisso europeo, generando una positiva performance dei fondi obbligazionari europei, dando quindi linfa alle masse e alle commissioni di gestione, "specialmente per i gestori italiani". Che per il settore sia un’enorme boccata d’ossigeno, basta considerare che il 71% del patrimonio gestito dai gruppi italiani è investito in reddito fisso contro il 50% in Francia e il 36% in Grecia e gli asset manager italiani, quindi, “sono i meglio posizionati per beneficiare del Qe su base relativa". Nel breve le ricadute saranno positive, secondo Goldman, anche per le commissioni di performance, mentre nel lungo termine i bassi rendimenti spingeranno la clientela verso prodotti con un maggiore contenuto di rischio e quindi maggiori margini da commissioni di gestione.



Ma chi trarrà i maggiori vantaggi dal QE? Per gli analisti di Goldman Sachs, Azimut e Anima (per entrambi la raccomandazione è "buy”): il loro business ha una bassa dipendenza dal margine di interesse e portafogli più esposti al mercato obbligazionario europeo. Icbpi preferisce, invece, Fineco e Banca Generali e sottolinea che “una nuova fase di M&A nel settore bancario domestico, seguito da una prevedibile ristrutturazione delle reti distributive tradizionali, favorirà la crescita delle quote di mercato delle reti di consulenti finanziari (ex-promotori finanziari) e delle piattaforme multi - canale". Lo scenario per tutti, comunque, non è che dei migliori. Ora bisogna rimboccarsi le maniche. Ci sono ancora 18 mesi, prima che l’incantesimo svanisca.

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