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12/21/2017 | David Zahn*
Nel corso del 2018 ci attendiamo che la direzione dei mercati obbligazionari europei sia determinata principalmente dalla politica monetaria della Banca centrale europeo e dal contesto politico, allo stesso modo in cui questi due fattori hanno dominato anche il 2017. L’economia dell’eurozona dà segnali di una buona performance, la migliore dalla crisi finanziaria globale di un decennio fa, e noi pensiamo che questi progressi siano sostenibili. Ma, con pochi segnali di ripresa dell’inflazione, la BCE rimane impegnata a significativi livelli di quantitative easing fino almeno a settembre 2018 quindi il suo orientamento accomodante potrebbe limitare la portata di un incremento dei rendimenti delle obbligazioni europee.
Ciononostante, gli sviluppi politici – per esempio una impasse nelle trattative sulla Brexit – potrebbero far aumentare la volatilità nei mercati e gli investitori dovrebbero essere pronti a trarre vantaggio da tali opportunità. È improbabile che il contesto economico positivo faccia cambiare la posizione accomodante della BCE.
Data la crescente fiducia tra consumatori e aziende nella regione che spingono la spesa e l’ulteriore crescita grazie a un contesto economico globale di sostegno, prevediamo che la ripresa ciclica dell’eurozona continui. L’attuale espansione sembra duratura e ben distribuita tra gli stati membri. Nonostante queste prospettive positive, l’inflazione debole (cosa che le previsioni per il 2018 indicano ancora probabile) ci fa pensare che un significativo cambiamento nella politica della BCE è improbabile. La ripetuta insistenza del Presidente della BCE, Mario Draghi, che la banca centrale non innalzerà i tassi di interesse prima di porre termine al quantitative easing, sottolinea quanto tale mossa rimane ancora distante. In quanto il suo mandato di presidente della BCE non scadrà fino a fine 2019, la prospettiva di qualunque riconsiderazione della politica dei tassi di interesse nel breve periodo sembra remota.
La Bce entra nel 2018 dopo aver programmato uno spostamento ad un livello più basso di quantitative easing riuscendo nel contempo a limitare una crescita deflazionistica. Riteniamo che alcuni fattori della politica monetaria rivista della banca centrale avranno effetti durante l’anno prossimo. Sebbene i suoi acquisti obbligazionari mensili siano stati ridotti da 60 miliardi a 30 miliardi di euro, una parte dei titoli precedentemente acquistati della Bce stanno ora scadendo. Dato che i proventi sono reinvestiti, la Bce probabilmente controbilancerà parte di tale riduzione negli acquisti obbligazionari.
Sembra anche che la Bce si concentrerà sulla riduzione dei suoi acquisti di obbligazioni governative (piuttosto che societarie) anche se l’emissione di tale asset class stia aumentando e di conseguenza il debito governativo dell’eurozona è destinato ad espandersi nel 2018 rispetto alla contrazione vista nei precedenti 18 mesi. Tutto sommato, riteniamo che i rendimenti delle obbligazioni dell’eurozona potrebbero muoversi un po’ più in alto ma qualunque incremento verrà limitato dal continuo livello di acquisti della Bce almeno fino a quando le autorità inizieranno a segnalare i loro prossimi passi della politica monetaria alla fine dell’anno.
Ma il potenziale di turbolenze politiche rimane
Per quanto riguarda gli eventi politici domestici che potrebbero influenzare i mercati europei durante il 2018, a nostro avviso ne emergono tre. Relativamente alla crisi costituzionale della Spagna gli investitori finora sono stati positivi circa i potenziali danni all’economia spagnola giudicando che gli acquisti della BCE continueranno a sostenere le obbligazioni governative spagnole. Ciononostante, qualunque ulteriore mossa radicale da parte dei politici catalani per facilitare le loro aspirazioni separatiste potrebbe penalizzare la crescita data l’importanza della regione a livello economico.
Le elezioni italiane sono programmate per la prima metà del 2018 e hanno il potenziale di produrre tensioni politiche sebbene di recente vi siano stati segnali che i partiti populisti – più nello specifico il Movimento Cinque Stelle che secondo i sondaggi gode di livelli di sostegno simili al Partito Democratico attualmente al governo – si stiano concentrando meno sulle loro richieste di un referendum sulla permanenza dell’Italia nell’eurozona. La recente performance dell’economia dell’Italia in miglioramento ha mitigato il sostegno per una tale mossa.
Tuttavia, sono le trattative sulla Brexit che incombono maggiormente man mano che la scadenza di marzo 2019 per la loro conclusione si avvicina. Se l’accordo tra Regno Unito e Unione Europea (UE) rimane elusivo durante il prossimo anno, entrambe le economie saranno verosimilmente colpite. Mentre l’economia del Regno Unito ha già mostrato segnali di rallentamento e percepirebbe probabilmente gli effetti maggiori dato che le aziende accelerano le loro misure di contingenza per un tale esito, il possibile impatto sull’UE potrebbe essere significativo e rimane, a nostro avviso, in certa misura poco preso in considerazione.
Il decennio dalla crisi finanziaria globale ha visto interventi significativi a livello di banca centrale nei mercati per mantenere i tassi di interesse bassi. Tuttavia, queste condizioni potrebbero anche aver gettato i semi del populismo e gli investitori dovrebbero essere preparati a uno scenario in cui il sostegno per i partiti populisti rimanga un’influenza duratura sulla politica europea nel medio periodo.
* Head of European Fixed Income, senior vice president e portfolio manager di Franklin Templeton Fixed Income Group
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