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Gestore della settimana: "Perché credere nel Giappone"

10/31/2016 | Massimo Morici

Jesper Koll, head of Japan di WisdomTree, spiega come efficienza del sistema bancario, stabilità politica e riforme stiano guidando il Paese del Sol Levante fuori dalle sabbie mobili


Recentemente il partito democratico giapponese ha espresso forti riserve sull’Abenomics, definendola inefficacie sia dal punto di vista della crescita economica sia dal punto di vista sociale. Quale sarà l’impatto sulla politica monetaria e sulla Banca Centrale Europea?

 

La presa del Primo Ministro Abe sulla scena politica e economica giapponese è molto forte. Detiene una maggioranza saldissima con due terzi dei seggi parlamentari e rimarrà in carica per altri tre anni. La sua politica economica è focalizzata sui cambiamenti strutturali: deregolamentazione, privatizzazioni, ridistribuzione della ricchezza e garanzia di servizi fondamentali come la sanità. La politica monetaria gioca un ruolo fondamentale nello scacchiere dell’Abenomics. La differenza fra Giappone e Europa è che il Giappone ha un sistema bancario solido ed efficiente in grado di trasferire gli effetti della politica monetaria a imprese e consumatori. Le rate dei mutui ad esempio sono scese in modo significativo e si è assistito ad un’ondata senza precedenti di rifinanziamenti. La politica di tassi negativi si è così tradotta in un vantaggio diretto per i consumatori. Fino a quando l’Europa non migliorerà l’efficienza del proprio sistema bancario non riuscirà ad ottenere risultati concreti dagli sforzi fatti sul fronte della politica monetaria.

 

 

I policymakers della Banca del Giappone hanno confermato la volontà di procedere con ulteriori stimoli se necessario, ma solo per proteggere l’economia da possibili shock esterni. Ci sono altri fattori determinanti per il mercato giapponese?

 

Quest’anno la politica monetaria giapponese è cambiata. Il piede non è più sull’acceleratore. Il premier Abe ha presentato un piano di spesa fiscale per i prossimi tre anni che corrisponde a circa il 6% del PIL. Un impegno di enorme entità pari al 2% del PIL dal prossimo anno fino al 2019. Per i mercati giapponesi, questo cambio da una politica di QE con stretta fiscalità, ad una politica monetaria neutrale con fiscalità più snella rappresenta la sfida più grande. Sono dell’opinione che questo abbia portato ad una maggiore razionalità sui mercati, ora meno dominati dagli speculatori e dagli hedge funds e su cui sono tornati gli investitori di lungo termine come compagnie assicurative e fondi pensioni. Questa è una notizia potenzialmente molto positiva per una stabilità di lungo termine. Un importante fattore è poi sicuramente la riforma della corporate governance. Buybacks e dividendi sono ora al centro delle strategia societarie. Nelle prossime settimane vedremo un’ulteriore tornata di annunci di buybacks che si realizzeranno nella prossima stagione di presentazione dei risultati. Gli investitori orientati ai fondamentali e alle strategie otterranno performance migliori rispetto agli speculatori che attendono solo la prossima mossa della banca del Giappone. Anche perché la mia opinione è che la BoJ resterà ferma e lascerà che sia il settore private a guidare l’economia.

 

 

Cosa aspettarsi per i prossimi mesi?

 

Sono molto ottimista sui prossimi 3-6 mesi. Il ciclo dei profitti sta invertendo la tendenza. Dopo dodici mesi di discesa, ora ci attendono sorprese positive su questo punto. Più in generale, è l’intero ciclo economico che è in miglioramento. Sulle esportazioni, si comincia a sentire l’effetto della ripresa cinese. Gli ordini di macchinari e attrezzature per l’edilizia sono tornati a crescere negli ultimi mesi, dopo quasi tre anni di continua diminuzione. Mi preoccupa una possibile svalutazione della moneta cinese. Questo è il rischio maggiore per il Giappone. Il partito comunista cinese è ora, però, impegnato in un programma fiscale per aiutare la ripresa economica. In contrasto con la situazione europea, sia il Giappone che la Cina hanno un atteggiamento pragmatico e sono in grado di usare un’ampia gamma di politiche a sostegno dell’economia. I benefici legati agli strumenti di politica fiscale messi in campo da Cina e Giappone sono ora molto sottostimati dagli investitori e con un po’ di fortuna il prossimo presidente americano abbinerà questo stesso tipo di intervento a investimenti nelle infrastrutture. Questo costituirebbe una situazione win-win per il Giappone.

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