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3/29/2023 | Redazione Advisor
Non è un nuovo 2008, perché i recenti fallimenti di Silicon Valley Bank (SVB) e di Signature Bank hanno avuto cause diverse rispetto a quelle che hanno condotto ai crolli del sistema bancario durante la crisi finanziaria globale di 15 anni fa. Non ha dubbi Stephon Jackson, director of associate analyst programs, T. Rowe Price. “La maggior parte dei fallimenti bancari è causata da problemi significativi nel portafoglio prestiti di una banca o da una crisi di liquidità, comunemente nota come “corsa agli sportelli”. Durante la crisi finanziaria globale – osserva l’analista – i gravi problemi nel portafoglio prestiti delle banche, in particolare per quanto riguarda la qualità creditizia dei prestiti immobiliari, innescarono un’ondata di fallimenti bancari, mentre i recenti fallimenti di SVB e Signature Bank sono stati causati da una grave crisi di liquidità, innescatasi nel momento in cui i depositanti si sono affrettati a ritirare i loro fondi. In particolare, per quanto riguarda SVB, i suoi investimenti di bilancio in titoli fixed income a lungo termine hanno perso valore in seguito ai rialzi dei tassi della Federal Reserve, aggravando i problemi della banca”.
Jackson rileva che l’inasprimento della politica monetaria della Fed ha creato un contesto in cui gli investitori potrebbero ridurre i loro depositi bancari, ma le caratteristiche relativamente uniche di SVB hanno reso più acuta la pressione sui depositi. “Infatti, i rapidi aumenti dei tassi e la stretta quantitativa della Fed hanno aumentato i rendimenti disponibili sugli strumenti di investimento a breve termine, come le obbligazioni, incentivando gli investitori a prelevare i depositi bancari. Le start-up tecnologiche dominavano la base clienti di SVB e la riduzione dei finanziamenti da parte delle società di venture capital ha aumentato il fabbisogno di liquidità di questi clienti, inducendoli a ritirare i depositi. Questo ha provocato un crollo dei depositi del 25% in un solo giorno lavorativo e rimane tuttora una preoccupazione per una potenziale fuga dei depositi”.
Spostando lo sguardo al Vecchio continente e alla crisi di Credit Suisse, Jackson chiarisce che la recente pressione sul prezzo delle azioni del colosso bancario svizzero non è direttamente collegata ai fallimenti bancari negli Stati Uniti, ma ha indirettamente contribuito al malessere del sistema bancario globale. “La mancanza di fiducia in Credit Suisse è dovuta a carenze nella contabilità finanziaria, che potrebbero innescare problemi di liquidità. Dunque, sebbene la tempistica del caso Credit Suisse faccia pensare che possa essere collegata ai fallimenti delle due banche negli Stati Uniti, riteniamo che si tratti di una coincidenza che ha contribuito a creare un sentiment di contagio del settore bancario”.
“Ora, mentre consideriamo quali altre banche regionali statunitensi potrebbero essere vulnerabili a una crisi di liquidità – avverte Jackson – dovremmo prestare molta attenzione alle basi di deposito delle banche. In particolare, siamo preoccupati per le banche che hanno sia un’alta percentuale di depositi superiori a 250.000 dollari, non assicurati dalla FDIC, sia grandi concentrazioni di depositi da clienti di settori specifici. Se da un lato è probabile che le autorità di regolamentazione applichino regole di liquidità per le banche più piccole, dall’altro esaminiamo i bilanci bancari per determinare quali imprese abbiano la capacità di vendere asset per coprire eventuali gravi perdite di depositi”.
“In questo momento non vediamo alcun fondamentale impatto o contagio dei recenti fallimenti bancari sui fondi comuni del mercato monetario e riteniamo che la Fed controllerà l’inflazione tramite rialzi dei tassi, nonostante i recenti fallimenti bancari. Inoltre – aggiunge Jackson – il nuovo programma di finanziamento a termine della Banca Centrale (BTFP), che consente alle banche di prendere in prestito dalla Fed fornendo come garanzia i Treasury o altri titoli di debito pubblico, dovrebbe consentire alle banche di soddisfare il proprio fabbisogno di liquidità nel breve termine”.
Quando si cercano opportunità nelle banche regionali, Jackson sottolinea che bisogna concentrarsi sulle dimensioni e sulla qualità della base di depositi delle banche. “Oltre la metà dei prestiti bancari negli Stati Uniti proviene da istituti con un patrimonio inferiore a 250 miliardi di dollari, pertanto il settore bancario regionale è essenziale per l’economia in generale. In questo momento – conclude – stiamo lavorando per capire come posizionare in modo più efficace i nostri clienti per massimizzare il loro rischio/rendimento in due o tre anni, trovando banche regionali con bilanci solidi e una buona liquidità, ma le cui valutazioni sono state colpite dalla crisi”.
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