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9/16/2011 | redazione
Di seguito riportiamo il commento di Valentijn van Nieuwenhuijzen, head of strategy di ING Investment Management sul tema dell’irrazionalità dei mercati, ma anche dei politici.
Al di fuori dei mercati periferici dell’Europa, i rendimenti dei titoli di stato hanno quasi toccato i minimi storici.
Per chi sia ancora convinto che le misure accomodanti senza precedenti di politica monetaria porteranno maggiori rischi di inflazione (con rendimenti sui titoli governativi in rialzo) o che i risicati bilanci pubblici inneschino paure sulla solvibilità a breve termine (e aumento dei rendimenti sui governativi), il recente andamento dei mercati dimostra chiaramente che le previsioni erano errate. Nonostante ciò, qualcuno potrà sostenere che la situazione è tale per cui nel futuro arriveranno comunque maggiori rendimenti, argomentando come il mercato stia semplicemente attraversando una fase temporanea di irrazionalità.
La maggior parte dei politici sembra credere fermamente che questa sia la situazione attuale considerando le strette fiscli in atto.
Sembra infatti difficile giustificare in altro modo l’attuale comportamento dei policy maker. Se il mercato fosse totalmente razionale sul fronte dei prezzi, allora i politici potrebbero intendere il basso livello dei rendimenti sui governativi come un voto di fiducia nella loro credibilità di lungo periodo. E sarebbe allora razionale sfruttare il basso costo dei finanziamenti per stimolare la domanda in un momento in cui la recessione si fa nuovamente vicina.
Stando così le cose, agli occhi dei decisori il mercato deve per forza sembrare irrazionale, dato che da due anni stanno perseguendo con aggressività una politica di austerity fiscale nel tentativo di prevenire contraccolpi dovuti all’aumento dei rendimenti quando si ritornerà alla normalità. Ma se il mercato è oggi irrazionale, allora si avrebbe un’opportunità irripetibile per sfruttare questa asimmetria. Un’emittente razionale potrebbe decidere che il modo migliore di sfruttare la situazione sia quello di combinare un temporaneo aumento delle emissioni, a costi irrazionalmente vantaggiosi, con misure tali da ridurre le aspettative sul ricorso futuro al mercato del debito.
Utilizzando un tale approccio, il costo medio del finanziamento a breve e lungo termine subirebbe una decisa riduzione, contribuendo inoltre positivamente alle prospettive di solvibilità dell’emittente stesso. L’aumento temporaneo delle emissioni di breve periodo può inoltre essere utilizzato per introdurre stimoli fiscali a sostegno dell’economia, così da prevenire, o rendere comunque meno seria, una possibile recessione. Un più forte scenario economico, con l’utilizzo di risorse produttive che altrimenti resterebbero inattive, potrebbe aiutare a mitigare l’impatto per le finanze pubbliche di ulteriori emissioni. Si avrebbero una diminuzione della disoccupazione e maggiori profitti per aziende e lavoratori. In ultima analisi, per i prossimi due anni gli impatti negativi sarebbero circoscritti.
Quale che sia la situazione, non è difficile concludere che un’ulteriore fase di stimoli fiscali è la migliore soluzione possibile.
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