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12/5/2016
L'Italia non smentisce le previsioni. Anzi quanto annunciato dai sondaggi pre-referendum è stato confermato e rafforzato: i "no" hanno vinto con il 60% dei voti. Siamo destinati al disastro? "Come spesso accade in caso di eventi molto discussi e dalle implicazioni più disparate, è bene mantenere lo sguardo e la mente aperti, per non reagire in modo impulsivo, ma per cogliere le opportunità che i movimenti di mercato possono offrire. E questo è proprio il nostro atteggiamento" scrive Luca Tobagi, CFA e investment director di Invesco Italia in un suo report sull'esito del voto all'interno del quale invita a non considerare il referendum costituzionale come una linea spartiacque per l'Italia, né tanto meno come l'avvio di una fase che porterà il paese fuori dall'Area Euro.
"L’Italia dovrà affrontare sfide impegnative, ma da un punto di vista fondamentale è molto improbabile che un “no” referendario aumenti il rischio di instabilità finanziaria del nostro Paese nel breve termine, benché la percezione -soprattutto estera - dell’aumento di un simile rischio possa condurre a ulteriori pressioni sui mercati finanziari" spiega Tobagi. "In ogni caso" continua "alcuni dei principali problemi che affliggono l’economia italiana, come corruzione, bassa certezza del diritto, lentezza della giustizia, scarsa trasparenza, burocrazia pesante, produttività stagnante, potrebbero essere affrontati in modo costruttivo anche senza il “sì” alla riforma costituzionale". Certo non sarà un esito elettorale senza effetti sulla stabilità, ma è "troppo presto per valutare l'impatto sulla politica italiana".
Ma l’esito del referendum italiano proietta direttamente verso un 2017 "in cui l’incertezza politica dominerà la scena, se non dell’andamento dei mercati, almeno del newsflow, ovvero delle prime pagine, con le elezioni in Olanda, Francia e Germania" chiarisce Tobagi. "In tutti questi paesi l’establishment politico ha perso consenso a beneficio di movimenti di carattere nazionalista-populista. I possibili cambiamenti nelle relazioni fra ciascun Paese e il resto dell’Unione Europea saranno un tema caldo, indipendentemente dalla loro effettiva praticabilità. L’“Italexit” proposta da qualche leader politico ed evocata da alcuni mass media, cioè l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea, appare ora assai improbabile, anche perché attualmente non prevista per i Paesi membri. La Costituzione italiana prevede inoltre che i trattati internazionali non siano materia disponibile per il voto referendario" conclude l'esperto di Invesco. "Anche in Francia Marine Le Pen propone l’uscita dall’UE: una sua vittoria potrebbe essere un rischio maggiore per la tenuta dell’Eurozona, piuttosto che una vittoria del “no” nel referendum italiano. Il sentiment degli investitori e la politica saranno presumibilmente influenzati dall’andamento delle negoziazioni fra Gran Bretagna e Unione Europea sulla Brexit , se davvero inizieranno nella prima parte del 2017".
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