Il petrolio oltre i 100 dollari al barile fa sempre suonare qualche campanello d'allarme, vuoi per gli investitori che cercano di cavalcare l'ondata rialzista, vuoi per i consumatori che iniziano a fare i conti col carogreggio che impatterà sulle loro bollette e i pieni di benzina delle loro auto.

Parallelamente si levano le antenne del mondo politico e industriale, che cerca soluzioni per una dipendenza energetica occidentale dai paesi arabi, che sempre peggio viene digerita, sia per ragioni poltiiche che etiche ed economiche.

Il tema delle fonti alternative di approvvigionamento energetico è tra i punti caldi dell'agenda politica di ogni governo dell'emisfero ovest del mondo da anni, ma solo di recente, grazie alle iniziative dell'Ue e all'impegno dell'amministrazione Obama in America sembra aver trovato l'impulso determinante per il suo reale sviluppo.

Molte le compagnie "green" che di recente sono sbarcate sui listini azionari mondiali, garantendo, anche a casa nostra (l'esempio più lampante è quello di Enel Green Power, che dal giorno della quotazione ha rialzato di quasi 20%) buoni ritorni ai molti investitori attratti da queste nuove offerte.

Ma la crisi delle finanze nazionali di molti Paesi ha tarpato le ali a piani di sviluppo che richiedevano grandi incentivi e investimenti statali per essere sviluppati, rallentando con ciò l'intero processo di aggiornamento del sistema di produzione energetica ed enfatizzando, ancora una volta la centralità del caro vecchio petrolio per le economie occidentali.

Quali prospettive, dunque, per il comparto? Vale ancora la pena di cavalcare il cavallo delle rinnovabili o è meglio attendere, alla finestra, per vedere che strada prenderanno gli investimenti pubblici nei prossimi anni.

A questi interrogativi ha risposto per noi Sonia Parise, Sales and Relationhsip Manager di Vontobel AM