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Cosa va e cosa non va nell'economia brasiliana

6/26/2014 | Massimo Morici

Lo spiega Mark Mobius, guru dei mercati emergenti di Franklin Templeton, che si sta concentrando come investitore più sull'andamento del consumo che sul quadro politico


Tanti sforzi per nulla. Così potremmo riassumere il giudizio di Mark Mobius (nella foto),  executive chairman di Templeton Emerging Markets Group (Franklin Templeton), sull’economia del Brasile il quale tuttavia confida che "le numerose risorse positive e il potenziale di cui il paese è dotato ritornino in primo piano" e che gli eventi sportivi “contribuiscano in misura maggiore a promuover epe riforme, le spese in investimenti e la crescita nel paese”.
 
Come investitore nel paese sudamericano, Franklin Templeton sta compiendo un passo indietro e valutando le prospettive di lungo termine del paese per concentrarsi più sull’andamento del consumo che sul quadro politico. “Riteniamo che numerose società orientate al consumo possano singolarmente continuare a registrare buoni risultati ed è per questa ragione che l’analisi bottom - up e la gestione attiva sono a nostro giudizio essenziali” sottoline Mobius. Un altro settore da tenere sott’occhio è quello edile, che si sta evolvendo soprattutto sul fronte dell’edilizia a basso costo, soprattutto a seguito del programma che prevede la concessione della proprietà legale: potrebbe liberare capitali per migliorare le abitazioni e le aree in cui vive la popolazione delle favelas. 
 
Ma cos’è che non va, in generale, in Brasile? Negli ultimi due anni, sottolinea Mobius, ha compiuto investimenti enormi che purtroppo non si sono tradotti in una crescita significativa e hanno provocato conseguenze economiche negative. L’elenco comprende le spese levate legate alla preparazione della Coppa del mondo FIFA e dei Giochi Olimpici nel 2016, gli investimenti nell’ordine di miliardi di dollari della società petrolifera nazionale brasiliana in costose attività di esplorazione offshore, produzione e sviluppo di energia, la costruzione di un importante stabilimento petrolchimico e i vari programmi sociali a sostegno delle fasce di popolazione a reddito più basso. 
 
La situazione brasiliana è diventata così critica che l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha recentemente declassato il rating creditizio del paese da BBB a BBB-, il livello investment grade più basso, in considerazione del peggioramento della situazione fiscale del governo e della mancanza di fiducia nella sua gestione economica. Il problema è la crescita economica brasiliana (2,3% nel 2013 e una percentuale identica stimata per il 2014): non è abbastanza elevata da generare un capitale sufficiente a soddisfare le esigenze, in termini di infrastrutture e servizi sociali, della giovane popolazione del paese, spiega Mobius. Una particolare attenzione, aggiunge, meritano le banche controllate dal governo: concedono finanziamenti a un ritmo sostenuto, ma gran parte di queste operazioni non sono a suo giudizio prudenti e potrebbero dare luogo a un aumento delle sofferenze.
 
Infine, le riforme: sono essenziali, spiega l’esperto, “ma sono state attuate con eccessiva lentezza perché il processo decisionale politico brasiliano richiede un ampio consenso e negoziazioni a nostro giudizio lunghissime". "Alcune riforme - conclude - richiedono modifiche alla costituzione del paese che a loro volta devono essere votate e approvate due volte a maggioranza assoluta in ciascuno dei rami del Parlamento, il che non è facile a causa delle profonde differenze tra i vari gruppi d’interesse espressione di questo vasto paese”.

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