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12/11/2021 | Francesco D'Arco
Si chiude il secondo anno di pandemia. E quella che dodici mesi fa veniva definita una “nuova normalità”, oggi è la nostra quotidianità. Una quotidianità che ci vede, al momento, convivere con il Covid-19. Al netto delle polemiche che accompagnato i pro-vax e i no-vax, i pro-green pass e i no-green pass, di sicuro tutti siamo più consapevoli dell’incidenza che il virus ha avuto, ha e avrà sulle nostre vite, private e professionali. E qualunque sia la nostra opinione personale sulla pandemia, è fuor di dubbio che il Covid-19 abbia inciso in maniera importante sulle nostre attività costringendoci ad adattare le nostre abitudini alla sua esistenza.
Lo stesso è avvenuto per le imprese, di qualunque genere. E i cambiamenti, che all’inizio del 2020 abbiamo definito tutti come dirompenti, oggi hanno assunto sfumature diverse. I numeri mostrano, meglio di ogni altro elemento, quanto e come le varie aziende siano state capaci di apprendere e adattarsi al cambiamento. In particolare, l’industria della consulenza finanziaria può vantare dati positivi che confermano la capacità di questo settore di mostrarsi “antifragile”, ovvero di modificarsi e migliorare a fronte di sollecitazioni, fattori di stress, volatilità e disordine (per usare la definizione di Nassim Nicholas Taleb, ndr). I 46,7 miliardi di euro raccolti da gennaio a ottobre 2021, frutto anche di un incremento del numero di clienti serviti, aumentati di quasi 200.000 unità in dodici mesi (erano 4.612.899 le famiglie servite a ottobre 2020, mentre ora sono 4.823.666, fonte Assoreti, ndr) sono un’interessante prova di forza che deve trasformarsi nel coraggio di andare oltre per puntare ad un target di clientela ancora “in cerca di banche”.
Una clientela che, secondo una recente analisi di Accenture, oggi non è servita dal mondo reti e/o private, perché non ancora adeguatamente patrimonializzata, e che non vuole accontentarsi di banche commerciali e/o solo online perché prive di reali servizi di consulenza, e perché spesso questi clienti sentono di (o hanno l’ambizione di) poter accrescere il proprio patrimonio.
Questa clientela vuole un nuovo equilibrio tra online e tradizione che, sulla carta, le reti già offrono e/o sono pronte a migliorare. Serve ora il coraggio di dedicare tempo a questi potenziali clienti che oggi, magari, non sono remunerativi ma che domani, forse, saranno i nuovi private.
Forti della solida base acquisita in questi anni e dei nuovi cambiamenti emersi con la pandemia, ora le reti devono mantenere vivo lo spirito pionieristico degli inizi e aprire l’inseguimento ai clienti ancora in cerca di consulenza.
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