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Consulenti (ex-promotori), cercasi inquadramento contrattuale

7/7/2011 | Giuseppe G. Santorsola

Tema difficile, controverso e multiforme comprendendo valutazioni sulle modalità della prestazione, sulla dicotomia fra consulenti (ex-promotori) lavoratori autonomi o dipendenti e sulla natura del rapporto contrattuale.


Tema difficile, controverso e multiforme comprendendo valutazioni sulle modalità della prestazione, sulla dicotomia fra consulenti (ex-promotori) lavoratori autonomi o dipendenti e sulla natura del rapporto contrattuale.
L’attenzione è dettata dal rinnovo del CCNL del settore dell’intermediazione finanziaria scaduto e disdettato; altrettanto è la condizione che vede molti consulenti (ex-promotori) iscritti all’Albo, meno della metà operanti con un mandato e ancora meno dotati al momento di un reddito sufficiente. Ne deriva una nozione non ancora regolamentata ma efficace che individua i soggetti lavoratori autonomi ma economicamente dipendenti dall’unico mandato che ricevono per poter lavorare. La fattispecie coinvolge per legge i consulenti (ex-promotori) (monomandatari dal 1985), ma anche moltissimi lavoratori autonomi (le Partite IVA) con un’unica attività per una controparte che li vincola a una prestazione esclusiva.
Il primo tema si collega alle modalità del lavoro abituale del consulente (ex-promotore), condizionato (per non dire dipendente) da una struttura o piramidale, nell’ambito di una SIM, oppure gerarchicamente inquadrato in una organizzazione bancaria. La proporzione dei suoi redditi fra base fissa e componente variabile è molto variegata, ma tende verso la prima soprattutto nelle fasi cicliche non positive. La soluzione opposta è preferita dagli intermediari, ma corre il rischio di demotivare i soggetti e di renderli meno produttivi rispetto a obiettivi di budget spesso oggetto di contestazione da parte delle OO.SS.
L’impostazione contrattuale del lavoratore bancario dipendente risulta preferita nell’attuale fase dai soggetti operativi. Le soluzioni in essere individuano ipotesi di remunerazione composta e sistemi legati al VAP che tendono peraltro a premiare gruppi di operatori piuttosto che i singoli (a livello di filiale o ufficio). Il consulente (ex-promotore) “naturale” non risulta incentivato, mentre il bancario tradizionale, un tempo motivato rispetto al reddito corrente, è statisticamente penalizzato almeno dal 2000, ultimo anno in cui la spinta all’investimento finanziario è caduta nelle scelte della clientela. Fino a quell’anno le stesse banche incentivavano anche monetariamente il conseguimento dei requisiti per l’ammissione all’albo. Tuttavia molti dipendenti, superato l’esame, non sono stati iscritti e hanno quindi investito per un risultato privo di effetti sostanziali. Dal punto di vista delle OO.SS, per molti anni il ruolo dei consulenti (ex-promotori) non ha riscontrato attenzione. Ancora oggi, il peso dei soggetti è minoritario sul totale e non riscontra attenzione presso molte sigle sindacali. La maggior parte dei dipendenti non è di fatto interessata al coinvolgimento nel ruolo, mentre le banche premono in misura crescente verso soluzioni meno stabilizzate del rapporto di lavoro. È utile sottolineare che il ruolo manifesta alto turnover. 
Molte banche, peraltro, mantengono un atteggiamento non interessato verso il ruolo dei consulenti (ex-promotori), pur reclamando attenzione alta verso un’attività fortemente commerciale. Le associazioni dedicate ai pf (Anasf e Assonova) giocano un ruolo difforme, la prima dedicata a consulenti (ex-promotori) indipendenti, sotto il profilo del rapporto di collaborazione professionale, e la seconda più convergente verso dipendenti operanti nel segmento dall’interno delle strutture bancarie. La conciliazione è obiettivamente difficile: l’Anasf è lontana dalle motivazioni delle sigle sindacali tradizionali, mentre Assonova è legata alle tre sigle fondatrici (Fabi, Fiba e Sinfub). Nel primo caso permane un’attenzione preponderante verso il ruolo professionale, mentre nel secondo è dominante la tutela della posizione lavorativa. Oggettivamente due interessi distinti, meritevoli di tutela ma non convergenti. Per un osservatore esterno è agevole la separazione, non altrettanto per un rappresentante delle due associazioni né per un gruppo bancario (o l’Abi) che debba mediare nella multiforme composizione quantitativa fra le due componenti.
 
Articolo tratto dal numero di luglio di ADVISOR

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