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SIF, QIF e PIF: ecco i non armonizzati

6/8/2011 | Massimo Paolo Gentili

Gli acronimi SIF, QIF e PIF sono le sigle delle principali tipologie di organismi di investimento collettivo non armonizzati situati, rispettivamente, in Lussemburgo, Irlanda e Malta...


Gli acronimi SIF, QIF e PIF sono le sigle delle principali tipologie di organismi di investimento collettivo non armonizzati situati, rispettivamente, in Lussemburgo, Irlanda e Malta: l’entrata in vigore - prevista per il prossimo 1° luglio - della riforma fiscale del settore degli OICR in Italia contribuirà a rendere questi prodotti particolarmente interessanti per gli investitori italiani.
 
Tra gli OICR esteri coinvolti dalla nuove norme rientrano, innanzitutto, i SIF (Specialised Investment Fund) lussemburghesi, organismi che sin dalla data di entrata in vigore della normativa che li disciplina, nel febbraio del 2007, ha riscosso un crescente successo: al 31 marzo 2011 si contano ben 1.219 SIF, di cui 504 sotto forma di FCP, fondo comune di investimento, e 719 in forma di Sicav. 
L’Irlanda, dal canto suo, ha trovato nel QIF (Qualifying Investors Fund), una tipologia di OICR altamente flessibile che non prevede particolari restrizioni né in termini di eligible asset né in termini di diversificazione degli investimenti. L’ordinamento irlandese vanta da sempre una vasta esperienza nel settore degli alternative investment e, nonostante la recente crisi, ha saputo porsi, in termini dimensionali e di competenze, come l’unica importante alternativa alla piazza lussemburghese; vi è, tuttavia, da evidenziare che in Irlanda si sviluppano principalmente progetti di matrice anglosassone (52% USA e 32% Regno Unito, mentre solo per il 2% Italia).
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nell’estate del 2007, a pochi mesi di distanza dall’emanazione della legge SIF in Lussemburgo, anche Malta ha introdotto un’innovativa disciplina in materia di PIF (Professional Investors Fund), organismi indirizzati a investitori sofisticati e che, come si può vedere nella tabella in paguna, presentano una maggiore flessibilità rispetto ai “cugini” lussemburghesi e irlandesi, per esempio con riguardo alla non obbligatorietà, in taluni casi, della nomina di una banca depositaria.
 
Articolo tratto da ADVISOR di giugno

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