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Un rating per il consulente finanziario (ex-promotore finanziario)

6/6/2011 | Andrea Giacobino

Giuseppe Vegas, neopresidente della Consob, sarà stato sicuramente contento quando il giorno dopo la sua prima relazione annuale svoltasi a Milano il 9 maggio scorso, è stata messa enfasi sul “giro di vite” dell’authority sui consulenti finanziari (ex-promotori finanziari).


Giuseppe Vegas, neopresidente della Consob, sarà stato sicuramente contento quando il giorno dopo la sua prima relazione annuale svoltasi a Milano il 9 maggio scorso, è stata messa enfasi sul “giro di vite” dell’authority sui consulenti finanziari (ex-promotori finanziari). In effetti i numeri sono numeri: i richiami nel 2010 sono stati 6 contro i 5 del 2009, le radiazioni dall’albo sono salite da 43 a 78, le sospensioni a tempo dall’albo da 25 a 40 con un totale sanzionatario lievitato da 74 a 146 casi. Al tempo stesso i provvedimenti cautelari sono aumentati da 23 a 40 e le segnalazioni all’autorità giudiziaria da 43 a 57. 
Ma se i numeri sono numeri è anche vero che, a fronte di questi appena citati, le segnalazioni ricevute dall’organismo di controllo sono state 510, 450 delle quali hanno innescato la richiesta di dati e notizie da parte della Consob. E, soprattutto, la percentuale dei consulenti (ex-promotori) sanzionati è pari a circa lo 0,5% di quelli attivi iscritti all’albo. Insomma, tanto clamore per poco più di nulla, anche se nessuno giustifica i consulenti (ex-promotori) infedeli. 
 
Il punto è che questa consapevolezza di operare a sostegno dei risparmiatori del nostro Paese per larghissima parte nella più totale legalità e trasparenza ancora manca ad una fetta attuale e potenziale della categoria. Un’analisi recente di Gfk Eurisko dice poi di più e fa vedere il consulente (ex-promotore) italiano come preda di molteplici dicotomie. Ad esempio quella relativa al vissuto della professione da parte di potenziali candidati: da una parte c’è la percezione che il mestiere di advisor può essere svolto con serietà e competenza; dall’altro esso si presta anche a rappresentazioni “schiacciate” sul versante commerciale, derivante dalle pressioni delle reti mandanti, con una fama non del tutto positiva. Significativa è anche la divaricazione che colpisce la percezione dalla professione di chi consulente (ex-promotore) lo è già. I tratti valorizzanti sono, ad esempio, la figura qualificata, il disporre di capacità relazionali e intuito psicologico, la capacità organizzativa nel proprio lavorare e l’alto grado di tollerabilità di pressione e stress. 
Nasce così l’immagine del consulente (ex-promotore) come quella di un professionista di successo, serio ed onesto, cui attribuire persino l’“utilità sociale” di guidare il cliente, garantendo la crescita del suo patrimonio. Ma c’è il rischio che il consulente (ex-promotore) abbia di sé anche un’immagine diametralmente contraria e negativa: il venditore porta-a-porta aggressivo e invadente, una persona con scarso know how e poco degna della fiducia del cliente perché nel suo operare prevalgono gli obiettivi di business della rete in cui lavora.
 
Quali sono le strade per migliorare il riconoscimento sociale della figura del consulente (ex-promotore) ed eliminare queste dicotomie? Un’attenta selezione dei candidati che punti a individuare profili di valore, capaci, seri e motivati: assumere, insomma, gente che non è interessata solo a fare soldi, ma anche a costruire una professionalità duratura, che cresce nel tempo. Predisporre, da parte delle reti, un percorso formativo e di aggiornamento costante e qualificato, a 360°, ma poi serve un monitoraggio costante della professionalità e correttezza del consulente (ex-promotore) durante tutto il suo operato. Per percepirsi come figura di riferimento per tutte le esigenze economiche e finanziarie della clientela è necessario altresì che i consulenti (ex-promotori) facciano il salto di qualità nella “consulenza globale”, dotandosi di un network di conoscenze più ampie per rispondere alle esigenze del cliente a tutto tondo. Anche qui, dunque, tanta, tanta formazione. 
 
A tale scopo ci permettiamo di dare un suggerimento al neopresidente dell’Anasf Maurizio Bufi, che ha giustamente obiettivi ambiziosi di crescita dell’associazione e di maggiore qualificazione della categoria. Perché non immaginare che l’Italia possa essere pioniere del “rating del consulente (ex-promotore)”? Una certificazione autorevole e indipendente del professionista, che tenga conto anche della crescita formativa, potrebbe rappresentare un ottimo veicolo di attendibilità nei confronti del cliente. E avrebbe il merito, non secondario, di levare al consulente (ex-promotore) italiano un certo complesso di inferiorità che non ha, numeri alla mano, alcuna ragion d’essere.

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