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3/5/2015 | Francesco D'Arco
Premessa, non credo che lo sbarco in Borsa dei fondi comuni equivalga all’inizio della fine del mondo della distribuzione. E non appartengo né al club dei super favorevoli, né a quelli dei contrari per partito preso. In entrambi i casi credo vi siano delle storture nell’interpretazione di questo nuovo mercato. I detrattori sono spesso guidati dal timore che con la negoziazione dei fondi comuni a Piazza Affari si darà inizio a un processo di “disintermediazione” dell’industria. Un rischio, in realtà, smentito dalla storia: quando nel 2002 hanno debuttato nel nostro paese gli Etf, in molti credevano che gli investitori retail avessero in maniera autonoma acquistato i fondi indice saltando il mondo della distribuzione affidandosi, al massimo, ai consulenti fee-only. La storia ha disegnato un percorso diverso e oggi gli Etf arrivano nelle tasche della clientela finale grazie alle banche e, anche se in piccola parte, alle reti. Se non sono riusciti i replicanti (considerati all’inizio strumenti semplici da capire) ad ammaliare il mondo retail è difficile pensare che i fondi comuni (più complicati agli occhi dei risparmiatori) possano essere acquistati in piena autonomia dai clienti.
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