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I numeri e i paletti dell’albo consulenti

3/28/2011 | Italo Marchesi

Senza i consulenti finanziari l’albo di categoria non può nascere. Quella che all’apparenza risulta una banalità è, oggi, un dato di fatto certificato dalla stessa Consob. Il “Documento di analisi funzionale alla costituzione e all’avvio di operatività dell’Organismo dei Consulenti Finanziari (OCF)”, realizzato dal gruppo di lavoro promosso dalla stessa Autorità di vigilanza (e che ha coinvolto le associazioni Aiaf, Assofinance e Nafop) non lascia spazio a interpretazioni: l’OCF può sperare in una situazione di autonomia economica-finanziaria, già a partire dal primo anno, se (e solo se) l’albo potrà contare, alla fine del terzo anno di attività, su 10.000 soggetti e 150 società iscritti.


È questo lo scenario ottimistico ipotizzato dal gruppo di lavoro nel documento attualmente all’esame del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Accanto a questa ipotesi, i partecipanti al tavolo promosso dalla Consob hanno individuato altri due differenti scenari: uno più prudente e uno pessimistico. E, considerando i costi e i proventi dei primi tre anni di attività dell’OCF, non tutti gli scenari consentono uno sviluppo lineare dell’albo dei consulenti.
Ma quali dati sono stati considerati per stabilire il numero di potenziali consulenti finanziari interessati al futuro albo? E come sono stati calcolati i costi e i proventi dell’OCF? 
In un mercato che ancora oggi non può fare affidamento a dati certi, i membri del tavolo di lavoro promosso dalla Consob, secondo quanto risulta ad ADVISOR, hanno individuato un bacino di potenziali iscritti albo analizzando i numeri degli attuali professionisti della consulenza finanziaria, ovvero: i consulenti finanziari (ex-promotori finanziari), i dipendenti bancari, i mediatori creditizi, i commercialisti e altri professionisti del settore (consulenti aziendali, consulenti lavoro, agenti in attività finanziaria…).
Secondo le previsioni emerse al tavolo di lavoro della Consob e presentate al Mef, il bacino più “generoso” sarà proprio quello dei consulenti finanziari (ex-promotori finanziari): il 10% dei consulenti (ex-promotori) con mandato (pari a circa 39.000 soggetti) sarebbe pronto a valutare la nuova professione di consulente finanziario dal momento in cui sarà istituito l’albo di categoria; mentre se si considerano i pf non attivi (circa 20.000), è pari al 5% il numero di professionisti pronti a fare il salto. Numeri alla mano, dal mondo dei pf potrebbero iscriversi all’albo dei consulenti finanziari, nei primi tre anni di attività dell’Organismo, circa 5.000 professionisti.
Per quanto riguarda le altre categorie prese in esame, nella migliore delle ipotesi, le prospettive elaborate dal tavolo di lavoro della Consob parlano di circa 3.000 dipendenti bancari (1% del totale nazionale), 1.200 mediatori (1% del totale) e 1.000 commercialisti (1% del totale) pronti a intraprendere la carriera di consulente finanziario indipendente. 
Ed è partendo da questi numeri che la Consob è giunta a dipingere i tre scenari sopra citati. Quello pessimistico, che ipotizza in tre anni un passaggio graduale da 1.000 a 2.000 consulenti e da 30 a 60 società iscritte all’albo. Quello prudente, che vede l’albo passare da 2.000 a 5.000 consulenti e da 60 a 100 società. E quello ottimistico che ipotizza un incremento degli iscritti da 5.000 a 10.000 soggetti e da 100 a 150 società. Dal momento che la maggiore o minore numerosità dell’albo incide sull’ammontare totale dei costi e dei proventi dell’albo, il futuro dell’OCF dipende molto da questa variabile. In generale, infatti, i costi annui previsti dalla Consob e dalle associazioni di categoria, potrebbero oscillare da 1,4 milioni (scenario pessimistico) a circa 2 milioni di euro (scenario ottimistico), con un incremento graduale legato all’aumento del numero di iscritti all’albo, dovuto principalmente alle voci variabili di costo, come ad esempio la spesa per il personale. Se, infatti, la gestione dell’albo con 1.000/2.000 iscritti è possibile con una struttura composta da 9 unità, un albo con 5.000/10.000 soggetti iscritti richiede l’impiego di almeno 19 unità lavorative (1 direttore generale, 2 addetti a funzioni di segreteria e staff, 12 addetti alle funzioni di vigilanza e 4 addetti alle funzioni di gestione dell’albo), con evidente incremento in termini di costi annuali. 
Discorso analogo per quanto riguarda i proventi. L’orientamento seguito per la determinazione delle voci di provento è caratterizzato dalla distinzione tra proventi continuativi (contributo di vigilanza) e proventi una-tantum (contributo per l’iscrizione all’esame). L’importo unitario per la partecipazione all’esame di idoneità è stato determinato in misura pari a 120 euro, mentre per quanto riguarda il contributo di vigilanza è stato stabilito un importo pari a 300 euro per le persone fisiche, e a 1.800 per le società. Cifre alla mano, i proventi annuali dell’OCF oscillano da un minimo di 354.000 euro (ipotesi peggiore con solo 1.000 iscritti e 30 società) a un massimo di 3.270.000 euro (10.000 iscritti e 150 società). Partendo da questi presupposti la Consob e le associazioni di cateogria hanno stabilito che nello scenario prudente per l’OCF è “necessaria la copertura dei costi di impianto (1.423.500 di euro) e dei flussi negativi (pari in totale a 1.025.666 di euro) previsti nei primi due anni di operatività”. Mentre il break-even si raggiungerà solo al terzo anno, quando l’albo toccherà il massimo di iscritti previsti: 5.000 consulenti e 100 società.
Per quanto riguarda invece lo scenario pessimistico, il documento redatto dalla Consob e dalle associazioni di categoria non lascia spazio a interpretazioni: “nel primo scenario l’OCF non può operare in una situazione di autonomia economica-finanziaria”. Non solo. Non sarà mai raggiunto il break-even e non è praticabile nessuna forma di finanziamento (né a fondo perduto da un ente pubblico, né a tasso agevolato da un ente privato/pubblico): comporterebbe un finanziamento perpetuo a causa delle perdite permanenti determinate dall’esiguità dei proventi derivanti dal ridotto numero di consulenti finanziari iscritti all’albo e dagli elevati costi. Solo nel terzo scenario (che prevede un incremento lineare da 5.000 a 10.000 consulenti persone fisiche e da 100 a 150 società), “l’OCF appare potere operare in una situazione di autonomia economico-finanziaria già a partire dal primo anno di attività”, si legge nel documento redatto dal tavolo di lavoro promosso dalla Consob. Ed è questo l’unico scenario per il quale non sono presenti flussi negativi sin dal primo anno. “L’assenza di flussi negativi fa sì che debbano essere finanziati (con qualunque forma di finanziamento, ndr) i soli costi di impianto (pari a 1.428.000 euro)”. Ma guai a pensare che se non si raggiungono i numeri del terzo scenario non si porterà avanti il progetto della consulenza finanziaria indipendente. L’albo questa volta si farà e il Gruppo di Lavoro è pronto a predisporre un “business plan corredato dal relativo piano di attuazione, funzionale a rappresentare le tempistiche collegate alle fasi propedeutiche all’avvio di operatività dell’OCF ed al suo funzionamento nel primo triennio”, si legge nel documento di analisi presentato al MEF. MEF che dovrà con urgenza emanare il regolamento di cui all’art. 18-ter del TUF. Accanto all’emanazione del regolamento il tavolo di lavoro che ha coinvolto le associazioni di categoria invita le autorità a: definire delle procedure di iscrizione e cancellazione dall’albo e iscrizione dei soggetti ammessi di diritto all’albo; definire delle procedure e delle attività necessarie per l’espletamento delle prove valutative; indire ed espletare una prova valutativa per consentire l’iscrizione all’Albo sia a coloro che intendono prestare per la prima volta il servizio di consulenza, sia a coloro che attualmente già svolgono tale attività ma non hanno comunque maturato i requisiti necessari per ottenere l’iscrizione all’albo con esonero dalla prova valutativa. A quel punto si potrà brindare alla nascita dell’albo.
 
Articolo tratto dal numero di marzo di ADVISOR

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