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2/13/2023 | Redazione Advisor
La data del 5 aprile si avvicina sempre di più. In quella data, infatti, la questione dello stop alle retrocessioni verrà esaminata dal plenum della Commissione Europea è previsto (al momento), per il prossimo 5 aprile, quando sono in agenda i temi del pacchetto relativi agli investimenti articolato nelle due coordinate dell'Improving the retail investment framework e della Retail investment strategy.
Come si legge su Plus 24 le principali associazioni del mondo finanziario italiano, Abi, Ania, Assogestioni, Assoreti, Assosím, Febaf hanno elaborato un documento per chiedere un intervento del governo, sulla falsariga di quanto fatto da altri Paesi europei, a difesa del mantenimento del sistema attuale. Le associazioni italiane ora chiedono anche al governo di Roma di "sostenere" il modello continentale di remunerazione delle reti di distribuzione dei prodotti finanziari. Anche in vista delle pesanti ripercussioni economiche che la misura potrebbe avere sul settore.
Marco Tofanelli, segretario generale Assoreti, spiega che “i Paesi continentali chiedono solo di continuare a consentire all'industria e ai risparmiatori di poter scegliere tra le due modalità di prestazione del servizio di consulenza. Un intervento drastico che andasse ad eliminare una delle due modalità sarebbe giustificato laddove si potesse constatare il fallimento di quella modalità, mentre nel caso della consulenza remunerata con le retrocessioni ci troviamo di fronte a una storia di successo, Anzi si può dire che questa modalità ha garantito una democratizzazione della consulenza, permettendo a fasce ampie della popolazione di accedervi”.
Gli impatti sui risparmiatori italiani, si legge sempre su Plus 24, potrebbero essere rilevanti. “Il sistema attuale garantisce la tutela della consulenza a fasce di clientela con investimenti relativi che verosimilmente non potrebbero o vorrebbero sostenere i costi di una consulenza esclusivamente a pagamento”. Secondo i dati Assoreti il 78 per cento dei clienti è costituito da persone fisiche, e la stragrande maggioranza possiede patrimoni sotto i 100 mila euro.
Tofanelli aggiunge che “si tratta di un segmento della clientela che in totale tuttavia detiene solo il 10,8 per cento della ricchezza, mentre 115,9 possiede patrimoni che superano i 500 mila euro e questi possiedono il 61 per cento della ricchezza totale. Di quest'ultima fascia di popolazione, il 15 per cento ha un patrimonio tra i 5 e i 50 milioni di euro. È evidente il valore della protezione del servizio a favore di tutti”.
E alla fine l'affondo più severo verso la possibile scelta europea: “La proibizione, in quanto non giustificata da una reale esigenza del mercato è una forma di paternalismo autoritario, che impone un'unica soluzione per tutti. Mentre invece si può continuare a lavorare per migliorare il sistema delle trasparenze e del contrasto dei potenziali conflitti di interessi. Non dimentichiamo che con la prima Mifid bastava prestare la consulenza perché ci fosse diritto alla remunerazione, mentre ora è richiesta comunque la dimostrazione dell'accrescimento della qualità del servizio”.
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