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Le “utilitarie” dell’asset management

6/8/2024 | Art Noc*

Si leggono pesanti critiche alla qualità della gestione dei fondi pensione ed ai relativi rendimenti. La risposta? Nelle commissioni di gestione irrisorie. E non solo.


Se ci si reca dal concessionario auto con un budget di 20.000 Euro, si sa già che si otterrà un’autovettura utilitaria, con prestazioni limitate, comfort limitato, qualità dei componenti e dell’assemblaggio probabilmente limitati. Soprattutto a nessuno verrebbe in mente di tornare dal concessionario dopo pochi mesi lamentandosi perché l’autovettura non tocca i 250 km/h o i sedili sono scomodi.
Alla stessa stregua, se si compra vino rosso da tavola in cartone, non ci si può lamentare se le qualità organolettiche di ciò che si beve non sono simili a quelle di un Brunello di Montalcino o di un Amarone della Valpolicella.
Allora perché, seguendo questo filo logico, si leggono pesanti critiche alla qualità della gestione dei fondi pensione ed ai relativi rendimenti?
Bisogna sapere che le commissioni di gestione che questi fondi riconoscono ai gestori delegati, (quasi sempre grandi case di investimento), sono quasi sempre irrisorie. E quando dico irrisorie intendo talvolta “single digit”, in termini di basis points (bps). Alcuni comparti obbligazionari sono gestiti, ad esempio, per meno di 5bps all’anno, ovvero 0,05%! E raramente si superano i 20bps. (0,2%) per le gestioni più complesse.
I bandi per i gestori delegati infatti prevedono che si competa soprattutto sul prezzo. Il tutto in un contesto di estrema opacità, non si comunica ufficialmente quale sia la remunerazione per i gestori delegati aggiudicatari.
Quale può essere quindi la qualità di un prodotto che si paga così poco? In economia, questo fenomeno assomiglia molto alla “adverse selection” della teoria dei giochi.
Le case di investimento si sentono quasi legittimate a dedicare poco impegno e risorse a questi mandati, che di conseguenza sono spesso statici e poco performanti.
Si osserverà che il prezzo è anche commisurato alle notevoli masse in gestione che si ricevono (spesso si tratta di centinaia di milioni) e questo è vero. Ma il problema è che la marginalità di queste gestioni per le case di investimento è comunque molto diversa da quella  degli altri prodotti, in primis i fondi retail. Per cui vale la pena impegnarsi tanto?
Ecco che le performance sono spesso molto deludenti, anche perché i costi complessivi associati a tali fondi non sono per nulla irrisori come la remunerazione per i gestori delegati!
Se poi si considera che in tempi di inflazione più sostenuta, lasciare il TFR in azienda (per chi può farlo) comporta rivalutazioni generose del capitale, come biasimare chi fa questa scelta?
Con buona pace della grande spinta che in Italia si vuole (e si dovrebbe) dare al cosiddetto ”terzo pilastro” previdenziale.

 

* ART-NOC è lo pseudonimo di un esperto manager italiano che da oltre 25 anni lavora nell'industria finanziaria internazionale e non ha mai smesso di osservarla con curiosità e con un approccio costruttivamente critico. I pareri contenuti negli articoli a firma ART-NOC sono espressione dell’opinione personale e indipendente dell’autore.

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