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Private Equity, investimenti a 11 trilioni di dollari entro il 2025

3/16/2022 | Redazione Private

E' quanto emerge dallo studio 'The Future is Private. Unlocking the Art of Private Equity in Wealth Management' realizzato da Boston Consulting Group in collaborazione con iCapital


Il private equity prosegue la sua corsa inarrestabile e lo farà anche negli anni a venire. Il pubblico vuole partecipare al private equity, oggi un asset perlopiù appannaggio degli istituzionali, cui appartiene oltre il 90% dei 5.300 miliardi di dollari gestiti da questi fondi. Soglie di accesso minime elevate, liquidità limitata, processi di sottoscrizione e gestione complessi e difficoltà di accesso ai migliori fondi hanno sinora precluso agli investitori individuali l’accesso ad asset alternativi come il private equity. Secondo lo studio The Future is Private. Unlocking the Art of Private Equity in Wealth Management realizzato da Boston Consulting Group in collaborazione con iCapital, però, ora per i Wealth Manager si apre una finestra di opportunità per servire i propri clienti, anche collaborando con le fintech più promettenti.

IN ARRIVO DAGLI INVESTITORI PRIVATI 1.200 MILIARDI DI DOLLARI ENTRO I PROSSIMI 5 ANNI - La revisione delle normative sugli investimenti in materia, come, ad esempio, quella legata alle soglie minime di investimento per clientela individuale, insieme al progresso tecnologico, infatti, stanno abbattendo gran parte delle barriere d’ingresso ai mercati privati. È così che, anche gli investitori privati, potranno cogliere opportunità di investimento in asset class che negli anni hanno dimostrato ritorni rilevanti nel medio-lungo periodo e benefici di diversificazione del portafoglio. Saranno precisamente 1.200 miliardi di dollari che questi allocheranno nel private equity nei prossimi 5 anni.

Come sottolinea Edoardo Palmisani, managing director e Partner di BCG e co-autore dello studio, “oggi banche e wealth manager hanno l’opportunità di facilitare l'accesso degli investitori individuali al private equity. Così facendo, i wealth manager potranno aiutare gli investitori a diversificare maggiormente i propri portafogli e a migliorare significativamente il loro potenziale di rendimento. Dall’altro, espandendo i loro servizi nell’offerta private equity, prodotto a valore aggiunto e con buone marginalità, sia le banche che i wealth manager potranno alleviare parte della pressione sui margini che stanno vivendo in questo momento sui prodotti più tradizionali”:

"Stiamo assistendo ad una rilevante creazione di ricchezza al di fuori dei mercati pubblici, dovuta al fatto che le società rimangono private più a lungo", ha spiegato Marco Bizzozero, head of international di iCapital. "Di conseguenza, e tenuto conto dei maggiori benefici in termini di rendimento e diversificazione, molti gestori patrimoniali stanno facendo dei mercati privati una priorità strategica fondamentale. La tecnologia e la formazione giocheranno un ruolo fondamentale nel supportare i wealth manager nel rispondere alla crescente domanda di incorporare gli investimenti nei mercati privati in un portafoglio diversificato dei loro clienti".

ENTRO 5 ANNI I FONDI DI PRIVATE EQUITY RADDOPPIERANNO IL PATRIMONIO IN GESTIONE - Negli ultimi anni, il panorama finanziario internazionale ha continuato la sua evoluzione nonostante gli effetti negativi della pandemia sull’economia mondiale. A fine 2020, si stima che la ricchezza finanziaria globale abbia infatti raggiunto un valore record complessivo pari a 250 mila miliardi di dollari, registrando un aumento dell’8,3% durante il corso del 2020. Un trend destinato a consolidarsi anche in futuro, quando la ripresa economica favorirà ulteriormente l’espansione del mercato e di alcune classi di investimento in particolare: gli asset alternativi. Tra quest’ultime, rientrano anche i fondi di private equity, già cresciuti da 2.400 a 5.300 miliardi tra il 2015 e il 2020. Si prevede che, nei prossimi cinque anni, essi arriveranno a raddoppiare il patrimonio in gestione, raggiungendo un valore complessivo di 11 mila miliardi.

ENTRO IL 2025 I RISPARMIATORI ITALIANI ARRIVERANNO A DETENERE 13,5 MILIARDI NEI FONDI DI PRIVATE EQUITY - A favorire questa crescita saranno in parte gli investitori individuali, il cui contributo ai fondi crescerà di 2,4 volte tra il 2020 ed il 2025, quando sfiorerà i 1.200 miliardi. Tuttavia, la presenza degli investitori privati nei fondi di private equity si estenderà non solo in termini di volume, ma anche di provenienza geografica. Saranno, infatti, i clienti cinesi ed americani ad apportare il maggiore contributo a questa asset class. Analogamente, anche gli investitori europei giocheranno un ruolo sempre più rilevante nel panorama dei fondi di private equity. Sebbene su scala minore, anche i singoli risparmiatori italiani aumenteranno il proprio contributo a questa asset class entro il 2025, quando arriveranno a detenere 13,5 miliardi nei fondi di private equity. 

PERCHÉ IL PRIVATE EQUITY CONVIENE A CLIENTI E GESTORI - Nei prossimi 5 anni l’esposizione degli investitori individuali agli alternativi salirà di 4.000 miliardi. Con i tassi di interesse ai minimi, i clienti dei wealth manager sono infatti alla ricerca di asset diversi da bond e azioni, capaci di generare rendimenti superiori e risultati costanti. Il private equity è in grado di soddisfare entrambe le richieste. Potendo intercettare compagnie ad alta crescita prima della quotazione, il private equity ha offerto rendimenti netti superiori di almeno il 3% rispetto ai principali indici internazionali in un arco di 5, 15 e 20 anni. Presenta inoltre il pregio della diversificazione temporale: poiché hanno una scadenza media di 10 anni, i fondi possono gestire le crisi, evitando di vedersi costretti a vendere ai minimi nei periodi di stress finanziario. Oltre che ai clienti il private equity conviene anche ai wealth manager, in quanto fornisce una preziosa fonte alternativa di ricavi in un’epoca di elevata pressione sulle commissioni di gestione e di conseguenza sui margini.

LA DEMOCRATIZZAZIONE DEI MERCATI PRIVATI GRAZIE ALLE FINTECH - Accedere ai fondi di private equity non è, però, un’impresa semplice. Come anticipato, questi fondi hanno taglie minime di investimento fra i 5 e 10 milioni, che continuano ad essere inarrivabili per molti investitori individuali, nonché relazioni molto solide con gli istituzionali che da decenni sostengono la loro raccolta. Tuttavia, diverse startup stanno lavorando per democratizzare l’accesso anche ai gestori più esclusivi. Dal 2017 il numero di fintech che offrono servizi per il mercato degli alternativi è raddoppiato. Alcune aiutano i wealth manager nel raggruppare i patrimoni di più clienti per raggiungere la soglia minima di sottoscrizione dei migliori private equity. Altre permettono agli utenti di acquistare e scambiare direttamente quote di fondi, con un impegno a partire da 20 mila dollari. In entrambi i casi, queste piattaforme digitali hanno il merito di rendere la partecipazione ai mercati privati semplice quasi quanto l’acquisto di azioni in borsa, agevolando compliance, tenuta della contabilità e oneri fiscali.

Come spiega infine Giovanni Covazzi, principal di BCG e co-autore dello studio, “banche e Wealth Manager, per gestire al meglio l’opportunità, dovranno però definire un approccio sistematico al Private Equity per ridurre le barriere che storicamente hanno limitato l’accesso degli investitori individuali. In primis definendo modalità di accesso a fondi di alta qualità a livelli di investimento con soglie minime accessibili, insieme a un'esperienza semplificata e fortemente digitalizzata in ogni fase del ciclo di vita dell'investimento per limitare la complessità degli attuali processi di gestione, dalla sottoscrizione alla gestione delle capital call. In questo contesto soluzioni tecnologiche di mercato, potenzialmente in partnership con FinTech, potranno supportare l’offerta a scala di questa asset class”.

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