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Sottoscrittori di fondi comuni: come sono cambiati in questi anni

7/2/2024 | Marcella Persola

Dall'Osservatorio di Assogestioni emergono delle tendenze, come il gender gap che tende ad annullarsi, un ricambio generazionale che manca e una propensione all'investimento nell'equity.


Un italiano su cinque affida almeno una parte dei propri risparmi al mondo del gestito e in particolare ai fondi comuni. E' una delle rilevazioni che emerge dall'ultimo Osservatorio sui sottoscrittori di fondi comuni, presentato oggi alla stampa dai suoi curatori, ossia l'Ufficio Studi di Assogestioni

L'osservatorio che ha una cadenza annuale fotografa dal 1996 l'evoluzione e le preferenze degli investitori, che inizialmente si concentrava sui fondi di diritto italiano, ma da quattro anni include anche quelli di fondi di diritto estero. Tra i trend segnalati in quest'ultima edizione risultano degni di approfondimento tra gli altri: il gap quasi colmato a livello di genere; la modalità di sottoscrizione, con una maggiore prevalenza dei PAC per i giovani, a testimonianza che lo strumento fondo è sempre più democratico, e infine la mancanza di un ricambio generazionale nei sottoscrittori di fondi, così come nella tipologia dei prodotti.

Ma andiamo per ordine.

Lo studio si riferisce a dati aggiornati al mese di dicembre 2023, considerando come si diceva sia i fondi comuni italiani, sia quelli esteri per un totale di rappresentatività pari all'82%, cioè 445 miliardi su 546 miliardi totali. 

Il numero di sottoscrittori è di circa 11,1 milioni, che indica una partecipazione del 18,8%, un dato che come conferma anche Riccardo Morassut, senior research analyst Ufficio Studi, è stabile da circa 5 anni. In particolare la suddivisione è di 6,7 milioni di sottoscrittori di fondi italiani, di 3,5 milioni di fondi esteri a distribuzione concentrata (ossia quelli delle reti captive) e 1,6 milioni di fondi esteri cross border. 

Altro dato interessante riguarda l'investimento medio che è pari a 49.000 euro. Tale importo varia in base alla tipologia del prodotto; più basso risulta essere quello sui fondi italiani (30 mila); più alto di conseguenza quello sui fondi esteri con 55.000 euro per i fondi cross border. 

Lo studio mostra un'elevata concentrazione del patrimonio nel quartile più alto i cui sottoscrittori detengono circa i tre quarti dell'investimento totale. Tale risultato, evidenzia sempre Morassut di Assogestioni - è in linea con le stime pubblicate da Banca d'Italia sui conti finanziari degli italiani che mostra come il 30% delle famiglie più abbienti detenga l'80% della ricchezza finanziaria complessiva. 

Tuttavia - interviene Alessandro Rota, direttore Ufficio Studi dell'Associazione - l'insieme dei sottoscrittori presenta diverse peculiarità al suo interno, e i dati possono rappresentare anche uno spunto per l'industria in generale su spazi di crescita individuare all'interno di tale contesto. 

Ad esempio sul fronte demografico l'età media nazionale dei sottoscrittori è di 61 anni, con la generazione dei Boomers che pesa per il 41% del totale, seguita da quella della Generazione X con il 29% e le generazioni più anziane che pesano per il 16%. Questo dato mostra una mancanza di ricambio generazionale tra i sottoscrittori di fondi. E' come se dal 1996 ad oggi siano sempre lo stesso cluster che abbia investito nello strumento. Che i giovani non siano interessanti per il poco capitale che hanno a disposizione? Eppure i risparmiatori più giovani (Millennials e Generazione Z) si attestano al 15%, un dato in crescita rispetto al 13% dell'anno precedente. E anche il patrimonio di questo cluster ha segnato un incremento passando dal 5 al 6% totale. In genere l'importo medio investito dai Millennials si attesta intorno ai 21.000 euro mentre la Generazione Z è di 13.000. 

E come accedono i giovani ai fondi? Senza dubbio attraverso la modalità dei PAC, sono loro a sancirne il successo, così come spiega Morassut. “Emerge la propensione di Millennials e Generazione Z a prediligere i PAC, che permettono di investire gradualmente attraverso versamenti periodici che possono avere entità anche molto contenute. Infatti, supera il 50% la quota di sottoscrittori più giovani che investe in questo modo. Si tratta di una modalità più efficiente, che aiuta l'investitore da un punto di vista comportamentale, eliminando il fattore market timing. Viceversa, oltre il 70% dei boomers e l'80% dei silent generation sceglie di investire in un'unica soluzione”. 

Altro dato in evidenza è il riequilibrio del gender gap. Rispetto al passato la differenza tra uomo-donna si sta progressivamente annullando a favore di un sostanziale equilibrio tra i generi con le donne che oggi rappresentano il 47% degli investitori con un investimento medio di 47.000 euro rispetto ai 51.000 euro del genere maschile. Un dato che si è progressivamente avvicinato e che per alcune società è ad esempio invertito. 

Ma un dato che potrebbe portare a un ulteriore riflessione sugli spazi di crescita dell'industria è quello relativo ai sottoscrittori per residenza. In questo caso non ci sono evoluzioni o gap colmati, ma tanto lavoro da fare, perché il 64% dei sottoscrittori di fondi risiede nel Nord Italia; il 38% nello specifico nelle regioni del Nord Ovest e il 26% nel Nord Est. I dati delineano un Paese spaccato in due.

Nelle regioni del Sud e nelle Isole il tasso di partecipazione al mercato dei fondi è molto più basso, ma sono anche regioni dove si sta assistendo sempre di più a un processo di desertificazione bancaria, e con una liquidità non investita di oltre il 50%. Elementi che potrebbe essere di interesse considerando che l'investimento medio al Sud e nelle Isole è di circa 40.000 euro, poco più basso dell'investimento medio (49.000 euro). E infatti queste sono anche le terre regine di operatori bancari più locali, o di player come Poste Italiane che ha una capillarità ancora molto forte.

Liguria, Lombardia e Piemonte sono le regioni in cui l'investimento medio è più alto e pari rispettivamente a 55.212, 54.971 e 54.841. In Emilia Romagna si attesta a 53.184. 

Inoltre lo studio sul portafoglio dei sottoscrittori evidenzia tra i fondi di diritto italiano una maggiore prevalenza sulla componente obbligazionaria (36%) e flessibile (34%), a cui seguono gli investimenti in fondi bilanciati (19%) e azionari (11%). Tra i prodotti esteri invece è più marcata la componente azionaria con il valore dei fondi cross border che si attesta al 50%. Infine a livello di geografie l'allocazione è prevalente per l'Europa e per l'America entrambe al 32%, mentre l'allocazione all'Italia pesa per il 16% del portafoglio generale. 

Da ultimo guardando ai canali distributivi emerge che il 95% dell'investimento complessivo dei fondi di diritto italiano è distribuito tramite sportelli bancari e il peso delle reti aumenta sensibilmente tra i prodotti esteri, con il 37% per quelli a distribuzione concentrata e del 48% per quelli cross border. 

 

 

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