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9/7/2024 | Art-Noc*
Viaggiare apre la mente, aiuta a vedere la quotidianità da prospettive diverse ed arricchisce.
Però impoverisce anche (la filiera del risparmio gestito e l’Italia).
Vediamo perché.
Da oltre 20 anni assistiamo ad un fenomeno molto italico che consiste nella vacanza gratuita per il consulente finanziario in località più o meno esotiche e remote, completamente spesata dalle società di risparmio gestito, mascherata (spesso goffamente) da trasferta formativa di lavoro agli occhi della compliance e dei regulators.
Qualsiasi consulente finanziario che legga queste righe sa benissimo di cosa parlo: viaggi che spaziano da due giorni fino a dieci, località che possono essere mete turistiche italiane o capitali europee o addirittura isole tropicali o città di altri continenti; alberghi di lusso, pranzi e cene in ristoranti di alto livello; gite organizzate, escursioni, eventi di intrattenimento e attività ludiche mascherate da “team building” (un esempio per tutti, la guida di auto sportive in circuito).
La maggior parte dei consulenti finanziari partecipa a più di un evento durante l’anno.
Può essere un evento di una casa di gestione (o di più case di gestione che uniscono le forze) o anche la convention della propria rete, ma a pagare sono sempre e comunque le case di investimento.
Nei primi anni 2000 c’è stata una vera e propria escalation. La MiFid I (2007) non ha cambiato il trend e poco prima dell’introduzione della MiFID II (2018) le reti sembravano più agenzie turistiche che altro.
Dopo il 2018 c’è stato un periodo più morigerato dove era diventato più difficile mascherare i viaggi. Le funzioni di compliance volevano assicurarsi che il viaggio fosse presso la sede di un asset manager e vi fosse un vero programma formativo, per approvare le iniziative. Le iniziative ludiche venivano quasi sottaciute.
Arrivando ai giorni nostri osservo un ritorno di fiamma, specie post-COVID. Lo stratagemma più efficace per aggirare i problemi di compliance è fare organizzare il viaggio da agenzie esterne sotto la regia della rete di collocamento, invitando una o più case di investimento ad intervenire le quali, potendo fare la propria presentazione commerciale, aprono lautamente il portafoglio.
Perché tutto questo è sbagliato? Perché impoverisce la filiera del risparmio gestito dal lato degli asset manager. Le case di investimento riconoscono alle reti commissioni di collocamento che già ammontano al 70%/80% delle commissioni totali. Questi viaggi di piacere (chiamiamoli col loro nome) costituiscono onerosissime voci di “iniziative di marketing” (chiamandole col nome ufficiale) che depauperano ulteriormente il P&L delle case di investimento.
È inoltre sbagliato perché – esattamente come per il tema delle retrocessioni - anche qui la logica è “chi più spende più colloca”. Ma la letteratura economica ed i regulator ci insegnano che le logiche con cui collocare i prodotti sono ben altre, o no?
Concludo con questa riflessione: immaginiamo se tutta questa valanga di soldi invece che andare a sollazzare i consulenti finanziari fosse investita veramente nella loro formazione o in generale in iniziative di educazione finanziaria per i clienti finali. Faremmo, come paese Italia, un balzo enorme in avanti nella classifica dei paesi con più educazione finanziaria.
* ART-NOC è lo pseudonimo di un esperto manager italiano che da oltre 25 anni lavora nell'industria finanziaria internazionale e non ha mai smesso di osservarla con curiosità e con un approccio costruttivamente critico. I pareri contenuti negli articoli a firma ART-NOC sono espressione dell’opinione personale e indipendente dell’autore.
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