Nell'ultima decade le fee di gestione dei fondi comuni in Europa sono aumentate di circa 30 basis point. Un aumento che ha interessato quasi 1.000 prodotti. Ma nel Regno Unito nascono i primi "low cost" a gestione attiva.
Aumentano le commissioni dei fondi comuni. Secondo una ricerca condotta da Lipper, negli ultimi dieci anni, su 196 fondi distribuiti nel Regno Unito, l'80% ha rivisto al rialzo le fee annuali di gestione. In particolare, per il 90% dei 132 fondi azionari inglesi l'aumento delle management fees è stato di circa 30 basis point.
La situazione non cambia, secondo la ricerca Lipper presentata sul Financial Times, se si considerano i fondi europei domiciliati in Lussemburgo e Irlanda. In questo caso il 70% dei 1.549 fondi monitorati hanno rivisto al rialzo le commissioni. E l'80% dei 784 fondi azionari hanno riconsiderato le management fees di circa 28 basis point.
Aumenti avvenuti anche nel corso dei periodo di perdita dei mercati azionari e che, secondo Ed Moisson, responsabile di Lipper delle ricerche sui fondi cross boarder nel Regno Unito, sono dovuti a una combinazione di fattori.
In primo luogo, sottolineano da Lipper, negli ultimi dieci anni i nuovi fondi hanno fissato onorari pari o superiori alla media del mercato spingendo i competitor a rivedere al rialzo le proprie commissioni.
Non solo. Secondo l'esperto Moisson, i gestori del Vecchio Continente non prevedono di ridurre le fee quando il patrimonio del fondo supera determinati livelli, come avviene, ad esempio, negli Usa. Questo perché, oggi, i fondi comuni europei sono più piccoli rispetto agli omologhi americani è non sono in grado di attivare economie di scala simili a quelle dei colleghi statunitensi.
Infine, spiega ancora l'esperto di Lipper, l'Europa deve fare i conti con costi di distribuzione elevati: tutto questo ha determinato un aumento generalizzato delle commissioni e un allontanamento dei gestori dagli interessi degli investitori. Non a caso, spiega sul Financial Times Ed Moissonmolti operatori, nelle fasi in cui i fondi azionari garantivano buone performance, hanno deciso di "lanciare fondi specializzati come gli hedge fund o altri fondi alternativi con commissioni di gestione ancora più elevate" e solo in rare occasioni sono partite iniziative volte a proporre fondi gestiti attivamente a basso costo.
E' questo ad esempio il caso, ricorda Moisson, di Fidelity, Jp Morgan e Schroders che nel Regno Unito hanno lanciato fondi già in linea con la RDR, normativa che entrerà in vigore nel 2013 e che vieterà le provvigioni per il collocamento dei fondi ai distributori/consulenti.
JP Morgan, a febbraio, ha modificato il suo Active 350 Fund portando il ter complessivo a 0,55%. A marzo è stata la volta di Schroders che ha proposto UK Core Fund, il primo di una serie di RDR-friendly low cost funds con una ter fermo a 40 basis point. Fidelity, che si considera pioniere nella gamma di fondi attivi low-cost, vanta già una gamma di fondi MoneyBuilder con fee che variano da 0,1% all'1%.
L'ennesima dimostrazione di come la RDR rischia di scuotere la logica delle fee nel risparmio gestito. Per ora in Inghilterra, ma persto anche in Europa se è vero che a Bruxelles stanno riscrivendo la Mifid II dirigendosi verso la strada indicata dalla RDR in merito al divieto di provvigione per i distributori.
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