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7/7/2023
Il primo trimestre 2023 ha visto flussi misti positivi per i PIR alternativi e ancora deflussi per gli ordinari, in un contesto nel quale la liquidità è il problema principale per molte small cap italiane. Questo in sintesi il quadro delineato da Equita nell’ultima edizione del PIR Monitor.
Durante il primo trimestre 2023, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 779 milioni di euro e un trend negativo anche in aprile (circa -144 milioni), portando il saldo complessivo da inizio anno ad aprile a -923 milioni, dopo un dato negativo di -734 milioni nel 2022. “Riteniamo che il trend negativo sia legato alle continue incertezze geopolitiche, politiche monetarie restrittive banche centrali, volatilità sui mercati, riduzione propensione al rischio – osserva Luigi De Bellis, co-head Ufficio Studi Equita – che da un lato non hanno spinto verso nuove sottoscrizioni e dall’altro hanno portato a prese di profitto su strumenti che avevano registrato complessivamente buone performance su un orizzonte di 5 anni (da inizio 2017 FTSE Italia Small Cap +68%, FTSE Mid-cap +58%, FTSE Italia STAR +100%, EGM +24%) usufruendo dell’agevolazione fiscale prevista per questa tipologia di prodotti: dopo 5 anni l’esenzione del 100% dalla tassazione sugli utili e del 100% delle imposte di successione”.
Sui PIR alternativi, invece, i flussi sono stati decisamente più resilienti. Secondo i dati di Assogestioni, la raccolta netta dei PIR alternativi nel primo trimestre è stata positiva per 58,2 milioni di euro, dopo i 242 milioni dell'intero anno 2022. Gli AUM totali, promossi da 14 fondi, ammontano a 1,51 miliardi, con un aumento del +4% rispetto al trimestre precedente (e Equita stima che gli AUM superino i 3,1 miliardi considerando anche i fondi non inclusi nei dati di Assogestioni).
De Bellis sottolinea che la liquidità rimane una problematica significativa per molte small-cap italiane (da inizio anno -32.5% per gli indici FTSE MID e Small CAP), soprattutto considerando i deflussi dai fondi PIR, che in media rappresentano il 10% del flottante. “Ad oggi manca una spinta da parte del canale bancario tradizionale, mentre è soprattutto tramite le reti di promotori che questi prodotti vengono proposti ai clienti”.
Guardando al futuro, nonostante nel breve termine la visibilità su un recupero dei flussi netti dei PIR ordinari rimanga bassa, “continuiamo a credere che i Piani Individuali di Risparmio, sia tradizionali che alternativi, siano eccellenti strumenti per investire in modo efficiente sulle aziende italiane, soprattutto PMI, in una prospettiva di medio lungo termine, con importanti vantaggi fiscali e una diversificazione del periodo di ingresso nel tempo”.
“Per il 2023 – puntualizza De Bellis –- stimiamo deflussi per circa -1,2 miliardi di euro, quindi ancora qualche mese complicato prima di una stabilizzazione dei flussi verso fine 2023, mentre per il periodo 2024-25 stimiamo circa un miliardi di euro di raccolta netta per i PIR ordinari, mentre per i PIR alternativi ci aspettiamo che possano raggiungere 10-15 miliardi di AUM in 5 anni (oggi siamo un po’ sopra i 2,5 miliardi).
Osservando il mercato italiano un elemento evidenziato da Equita è la forte divergenza di performance tra i titoli a grande capitalizzazione rispetto alle small-cap a causa della diminuzione della liquidità. “Dall'inizio dell'anno, abbiamo osservato una performance generalmente positiva per i titoli a maggior capitalizzazione, con l'indice FTSE MIB che registra un +24%, principalmente attribuibile alla buona performance delle banche, che hanno beneficiato dell'aumento dei tassi di interesse. Al contrario, le piccole-medie aziende hanno mostrato una performance più debole (FTSE Italia Small Cap +0.2%, EGM -1%), a causa di una sostanziale incertezza riguardo allo scenario macroeconomico, deflussi dai fondi PIR (circa -1 miliardo dall'inizio dell'anno, dopo -734 milioni nel 2022) e una significativa riduzione della liquidità che scoraggia l'ingresso di nuovi investitori nel mercato italiano” chiarisce De Bellis.
“I mercati dei capitali in Italia presentano un gap ancora rilevante rispetto alle principali borse europee in termini di dimensioni del mercato e delle operazioni, e un processo di quotazione che è generalmente più lungo, complesso e dispendioso” aggiunge. “Le ultime novità introdotte da Consob e Borsa Italiana rappresentano un altro passo importante per rendere più competitivo il mercato dei capitali italiano. Tuttavia, rimane molto altro da fare, sia a livello di Commissione Europea che nazionale (Consob, Governo), come ad esempio: introdurre misure a supporto della copertura di ricerca su small-mid cap a livello europeo, introdurre incentivi fiscali a sostegno di emittenti e broker per la copertura dei costi di ricerca”.
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