A pagarne il prezzo sono loro, i presunti "intoccabili": i fondi che puntano tutto sulle risorse naturali (dal petrolio all'industria mineraria). Immancabile, quindi, il grappolo che mette insieme i "fondi perdenti" tra quelli che più hanno sofferto nella prima metà del 2012. Secondo i dati Morningstar, le questioni legate alle cadute stellari del prezzo del petrolio, e i ponti pericolanti sopra cui hanno camminato le altre commodities, di certo non aiutano il trend. Tutto, nei primi sei mesi dell'anno, ha portato ad annoverare tra i "grandi sconfitti" fondi che puntavano tutto sull'oro. Non solo: pollice verso anche per l'industria delle energie alternative ed ex-invitanti salvacondotti.

 

A marzo, per inciso, i prezzi del greggio sono stati contrastati sulla piattaforma dell'Ice. Il future sul Brent con scadenza al maggio del 2012 registrava un rialzo dello 0,096% tornando a 125,25 dollari al barile. Il quadro macroeconomico è invece ancora dominato da rari impulsi monetari e, a giudicare dai termini con cui Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve, si è espresso a proposito di un altro round di quantitative easing, l'anno delle elezioni americane potrebbe rivelarsi persino meno "prosperoso" ed attrante sul fronte commodities. E l'Europa è un sentiero irto di spine che invoglia a cercare nuove alternative. 

Questo, di fatto, lascia il dubbio se l'oro sarà in grado o meno di riguadagnare il suo "porto sicuro". Chi punta il faro dell'investimento sull'industria ciclica ed automobilistica dovrà attendere un'evoluzione fertile dell'Eurozona, accompagnata da miglioramenti sia in Cina che nell'economia globale.