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Acerbis (PWC), la generazione futura e le regole del nuovo potere

5/28/2024 | Fabrizio Acerbis (in foto), partner PwC e presidente PwC TLS Avvocati e Commercialisti

Se decidere è complicato decidere chi deve decidere può essere semplice? La centralità del tema della governance, un tempo limitata alle grandi imprese, è ormai chiara anche nelle Pmi


Partiamo da una certezza: decidere si sta facendo più complicato

La famiglia imprenditoriale, abituata ad osservare il contesto esterno e a misurarne la complessità prima di prendere decisioni, si trova a gestire un fattore che condiziona gli altri: la velocità con cui il contesto muta (o può mutare, il che è la stessa cosa) rende l’osservare un esercizio difficile e l’assunzione delle decisioni, che segue, un processo più delicato che in passato. Se decidere è complicato, decidere chi deve decidere (oggi, domani…) può essere semplice? La risposta viene naturale.

 

La corporate governance

Esistono evidenze empiriche che dimostrano che la modalità con cui si assumono le decisioni (in termini di assetto e di regole, riferendoci ad esse - semplificando - con il termine corporate governance) influenza la performance; inoltre, nelle aziende familiari, la modalità con cui in famiglia si assumono le decisioni che riguardano l’azienda (che chiameremo family governance) è in grado di influenzare, spesso in misura determinante, la qualità della corporate governance e quindi dei risultati aziendali

Per risultare sostenibile nel tempo (e superare gli inevitabili passaggi generazionali) l’azienda deve dotarsi di una buona governance, utile nei momenti in cui le cose vanno bene, indispensabile nei momenti di tensione e difficoltà. Vista da una prospettiva complementare, una buona governance non può fare a meno di una visione, sufficientemente chiara, sulla successione del leader.
Con una battuta, si potrebbe dire che la governance, in azienda, è l’insieme di regole che chi ne ha il potere decide di darsi, e di dare agli altri, per assumere tutte le altre decisioni

In quest’ambito, fino a non molto tempo fa, si pensava (e si parlava) prevalentemente della governance delle aziende medio-grandi, grandi o grandissime. Spesso, quotate. La ragione principale di questo focus sulle società di maggiori dimensioni è facilmente intuibile: dove il capitale si apre a più soggetti, e ancor più dove tale apertura porta alla presenza di un’autorità di vigilanza, l’assetto di governo societario diventa un fattore critico sotto gli occhi di tutti. 
Questo presupposto di fondo sta mutando, finendo per coinvolgere nel necessario interesse verso questi temi tutte le imprese

Per ragionare sul perché, muoviamoci tra corporate e family governance, prima di vedere come tutto questo si collega alle scelte intorno alla successione del leader. 
Innanzitutto, una spinta verso i temi di governance deriva dall’evoluzione del dibattito intorno alla sostenibilità e alla sua declinazione, di matrice finanziaria, che passa sotto la sigla ESG (Environment, Social, Governance). 
I fattori di sostenibilità stanno influenzando la capacità delle imprese private di accedere alle risorse finanziarie di cui hanno bisogno, sia in forma di debito che di capitale. 
Consentiranno di accedere ad incentivi (o di non subire disincentivi). Consentiranno, anche, l’accesso alle filiere di fornitura più importanti, o ne potranno determinare, per chi vi è già inserito, l’espulsione. 
Influiranno, in generale, sul posizionamento delle aziende rispetto alle più svariate opportunità e minacce di cui il futuro sarà tappezzato. 

La platea dei potenziali interlocutori esterni che hanno interesse a chiedere all’imprenditore informazioni sulla governance societaria, titolati a riceverle in forma ragionevolmente completa e chiara, si è ampliata e si amplierà.

In secondo luogo, se il presupposto (errato) per occuparsi di corporate governance fosse la dimensione, sarà sempre più difficile per un imprenditore decidere quale sia la dimensione-obiettivo della propria azienda. Che sia per crisi “da successo” o, viceversa, per la difficoltà a mantenere il proprio posizionamento nella congiuntura di mercato, munirsi di regole di governo idonee a gestire con rapidità cambiamenti di strategia può fare la differenza tra sopravvivere e prosperare. 

Contrariamente a quanto si crede, l’impatto “da ESG” sulla corporate governance riguarderà le società di tutte le dimensioni. Ma sarebbe riduttivo e un grave errore fermarsi a questo aspetto.

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Il ruolo della famiglia

Vale la pena ricordare che sono sotto il controllo di un nucleo familiare, senza apprezzabili differenze di percentuale al crescere della dimensione, oltre l’80% delle società italiane, non di matrice estera e non vigilate, sopra i 20 milioni di fatturato.

È il cosiddetto family business, con un intreccio tra governance familiare e governance societaria da gestire, rafforzandone gli elementi di forza e positività. 

Dal lato della famiglia, ciò richiede attenzione e chiarezza intorno ai valori e alla visione riguardo al futuro, nonché alle modalità concrete con cui custodire e tramandare il patrimonio familiare, al cui interno vi è anche l’azienda (ne sono esempio la presenza di regole condivise per l’assunzione delle decisioni riguardo al patrimonio comune o quelle per formare le nuove generazioni al compito di azionista e/o di amministratore). 

Dal lato societario, implica attenzione e chiarezza sulla composizione e il funzionamento dell’organo di gestione (CdA), sulla sua interazione con la proprietà (riflesse nello statuto e in eventuali patti parasociali) e gli altri organi, il sistema delle deleghe, l’assetto organizzativo e amministrativo, il sistema dei controlli, l’approccio verso l’inclusione e le diversità - di genere, di cultura, di esperienza tecnica ecc..

Dove l’intreccio fra le esigenze di governo societario e le dinamiche familiari trovano sublimazione è chiaramente quando sul tavolo (e ancor prima, nella testa del leader) arriva la questione successione.

 

Un pensiero, strutturato,  sulla successione è indispensabile

In dottrina, è ritenuto pacifico il rischio sotteso all’assenza in società di un piano di successione. Che una visione chiara, anche non statica, sulla successione sia un tema centrale nell’ambito della buona governance, e possa esserlo anche nelle valutazioni sulla capacità di competere nel tempo di un’impresa, prendiamolo per elemento dato e non vi è famiglia imprenditoriale a cui serva un confronto esterno per comprare questo concetto. Allora, perché la successione del leader è argomento tabù in un numero non marginale di realtà? 

Può essere che l’abbondanza o, al pari, la scarsità di candidati rendano difficile pianificare; può essere che manifestare l’orientamento in via preventiva da parte di chi ne ha il potere produca effetti non sempre gestibili (sugli altri candidati - effetto noto e temuto - ma anche sul prescelto/a - effetto a volte imprevisto o mal calcolato); può essere che le competenze attuali del candidato (uomo o donna) si teme non siano quelle di cui abbisognerà l’azienda nel momento in cui si renderà operativa la successione, e così via. Infine, forse, vi è anche in molti dei leader la convinzione che non si impara a nuotare se non entrando in acqua e che la responsabilità di assumere decisioni, spesso in solitudine, non si può insegnare. Si imparerà sul campo, al momento opportuno. 

La volontà del leader conta, al punto da diventare bloccante, proprio quando questi decide di non esprimerla. 

In tutti gli elementi di cautela sopra evidenziati (ce ne sono altri) c’è del vero. Pur ignorando le pressioni di derivazione ESG, un punto fa propendere verso l’opportunità di ragionare intorno al tema successione per tempo e in modo strutturato, a prescindere, si badi, dall’età anagrafica dell’imprenditore e dalle caratteristiche della propria azienda: con un apparente paradosso, più la velocità e la volatilità caratterizzano ciò che accade intorno a noi, più è necessario cercare di pianificare la preparazione della nuova generazione di leader interni rispetto ai ruoli che potranno, un giorno se vi saranno le condizioni, dover ricoprire. 

E torniamo, allora, al nodo della questione. Siamo immersi in un mondo che muta velocemente e che giudica l’azienda, in termini di sostenibilità nel tempo, con occhi nuovi. La capacità di gestire il cambiamento farà ancor più la differenza e caratterizzerà i leader del futuro. Anche per questo, identificarli e prepararli è divenuta una fra le maggiori e più pesanti responsabilità dei leader presenti.

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