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8/7/2024 | Stefano Massarotto (in foto) - Facchini Rossi Michelutti Studio legale tributario
La pianificazione dei patrimoni ha catalizzato l’attenzione da parte dei vari operatori (intermediari bancari e finanziari, family offices, avvocati, commercialisti, etc..). Pianificazione intesa come wealth planning, e, quindi, tutti quegli strumenti a tutela (e protezione) dei patrimoni, ma anche volti ad aiutare le famiglie a preservare e far crescere la propria ricchezza privata e, nel caso delle famiglie imprenditoriali, ad assicurare la continuità aziendale e la trasmissione intergenerazionale dell’azienda.
Tra i diversi strumenti giuridici per soddisfare queste esigenze, ve ne sono due che sono sotto i riflettori in quanto oggetto di importanti riforme normative. Stiamo parlando dei contratti di assicurazione sulla vita a contenuto finanziario (polizze linked) e del trust.
Le polizze vita a contenuto finanziario, come noto, sono un importante strumento di wealth planning, consentendo di associare alla pianificazione e protezione patrimoniale (in quanto sottratte alle azioni esecutive e cautelari, nonché impignorabili e insequestrabili) un efficiente regime fiscale: è il caso, ad esempio, del tax deferral (ossia il differimento della tassazione al momento del riscatto della polizza) e della compensazione dei redditi di capitale con le minusvalenze da realizzo di strumenti finanziari.
È chiaro che nelle polizze linked la prestazione dovuta dalla compagnia di assicurazione viene ancorata alle performance degli investimenti effettuati: infatti, il rischio finanziario può anche gravare interamente sull’assicurato (l’assicuratore non garantisce né la restituzione del capitale, né eventuali rendimenti minimi), ed è assai contenuto il rischio demografico.
Specializzate nel collocamento delle polizze linked sono le compagnie estere situate in Stati UE/SEE (principalmente in Irlanda, Lussemburgo e Liechtenstein): le polizze linked estere sono connotate da un’elevata flessibilità relativamente agli investimenti sottostanti, poiché possono accogliere (nei limiti della regolamentazione dello Stato d’origine) strumenti finanziari quali hedge funds e fondi di private equity di diritto estero, normalmente limitati o preclusi nelle analoghe polizze di diritto italiano.
È noto che l’elemento caratteristico delle polizze linked - ovvero la preminenza della componente finanziaria sulla componente previdenziale - ha innescato un ampio dibattito, nell’ambito della giurisprudenza nazionale ed europea, sulla qualificazione giuridica di tali polizze quali contratti di assicurazione sulla vita piuttosto che strumenti di natura finanziaria.
Proprio in questo quadro si colloca la revisione della disciplina per le polizze linked prevista nel nuovo regolamento pubblicato da parte dell’IVASS (l’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni) qualche settimana fa in pubblica consultazione. Le modifiche sono volte ad assicurare un level playing field tra operatori italiani e operatori di altri Stati membri che collochino prodotti linked nel mercato domestico.
Tra le novità del testo del Regolamento IVASS c’è la possibilità di investire maggiormente in strumenti illiquidi per i clienti più facoltosi (investimenti minimi da 500.000 euro), anche al fine di consentire un maggior sostegno del settore assicurativo all’economia italiana (con la possibilità, per esempio, di sottoscrivere titoli meno liquidi emessi dalle piccole e medie imprese italiane). Puntualizzazioni sono anche previste al fine di garantire maggiore trasparenza sui costi.
Una precisazione doverosa meritava la regolamentazione dell’annosa questione del cosiddetto rischio demografico, anche in considerazione che le disposizioni non sono armonizzate a livello europeo. Qui, la valutazione del rischio demografico è in ogni caso rimessa all’impresa sulla base del fabbisogno di copertura del contraente.
Anche il trust è uno strumento sempre più apprezzato nell’ambito dell’organizzazione, protezione e gestione dei patrimoni familiari.
Sono noti, stando alle cronache, i trust costituiti dalle famiglie Cucinelli, Ferrari, e recentemente anche dalla famiglia Bulgari. Ma, a prescindere dal prestigio e dal valore del patrimonio imprenditoriale e familiare, in tutte le situazioni in cui la famiglia veda al suo interno discendenti minori (o incapaci) o che per qualunque ragione non sono ancora in grado di prendere in mano le redini del patrimonio familiare, potrà essere utile sfruttare la duttile struttura del trust al fine di assicurarne una unitaria e ordinata gestione.
Sulla tassazione del trust è molto interessante lo Schema di decreto legislativo per la riforma dell’imposta sulle successioni e donazioni (in attuazione della legge delega di Riforma del Sistema fiscale) recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri il 9 aprile 2024 (in attesa di esame parlamentare). Viene infatti riconosciuto per la prima volta in via legislativa l’istituto del trust ai fini delle imposte indirette, recependo l’indirizzo della Cassazione (e della Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 34/2022), secondo cui la dotazione di beni/diritti in trust non integra di per sé un trasferimento imponibile, ma occorre fare riferimento all’effettivo incremento patrimoniale dei beneficiari.
Inoltre, ferma restando la regola della neutralità in entrata (con tassazione solo in uscita), il disponente (o il trustee nei casi di trust testamentari) potrà optare per la tassazione - a titolo definitivo - ai fini dell’imposta di donazione al momento dell’apporto in trust. Ciò permetterà una programmazione con certezza del carico fiscale, fatta salva una analisi caso per caso.
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