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9/3/2014 | pieremilio.gadda
Dati economici disomogenei e un'intensificazione dei rischi geopolitici non hanno mutato il quadro generale: “L'economia globale e i mercati dei capitali, guidati come al solito dagli Usa, si trovano in una fase di mezzociclo. Di conseguenza – spiega Kevin Gardiner, global investment strategist di Rothschild Wealth Management – è probabile che i profitti aziendali e i tassi d'interesse tendano a salire piuttosto che scendere e la nostra principale preoccupazione è focalizzata sulla misura in cui questo scenario è già prezzato”. Mentre i bond appaiono sempre più cari, le valutazioni azionarie sono un po' più attraenti di qualche mese fa: i prezzi sono scivolati in Europa e le aspettative sulla crescita degli utili negli Usa sono state rinforzate dai risultati robusti del secondo trimestre.
La conclusione di Gardiner è che alcuni dei fattori di rischio più temuti siano probabilmente sovrastimati. Primo: il ribollire della crisi della zona euro è stato mitigato da una stabilizzazione in alcune economie periferiche e dalla promessa di ulteriori interventi, se necessari, da parte della Bce. “Aspettative molto basse nell'Europa continentale sono facili da battere, specialmente se in autunno le banche superano gli stress test, come noi ci aspettiamo che accada”. In secondo luogo, i bilanci dei consumatori americani restano complessivamente solidi e i timori di un imminente calo della profittabilità negli Usa continuano ad apparire prematuri. La ripresa dell'economia a stelle e strisce – che rappresenta ancora il più importante driver dei mercati globali dei capitali a detta di Gardiner - dura da ormai cinque anni, un periodo un po' più lungo della media realizzata dopo la seconda guerra mondiale, mentre il rimbalzo dei profitti societari è il più elevato mai registrato. Questo tende nervosi alcuni investitori. “Ma non bisogna dimenticare che la situazione attuale è figlia della più grave crisi economico-finanziaria nella storia del dopoguerra e fa seguito al più ampio crollo dei profitti americani mai visto, superiore persino a quello realizzato durante la Grande Depressione. Non sorprende, quindi che uno shock del genere sia seguito da una lunga fase di riabilitazione”.
Infine, sebbene l'eccesso di offerta nel mercato immobiliare cinese stia deprimendo i prezzi del mattone “tutto ciò non sta ancora producendo un impatto significativo sulla crescita economica di Pechino”, sottolinea lo strategist. Le prospettive dei mercati emergenti continuano ad essere positive e qui molte aziende occidentali generano una porzione crescente dei rispettivi profitti vendendo e producendo in loco. Basi pensare che i maggiori produttori di auto in Cina sono General Motors e Volkswagen.
Nel frattempo, sebbene in alcune regioni si avvertano pressioni crescenti per un'inversione di trend sul fronte della politica monetaria, “nessuna banca centrale ha fretta di incrementare i tassi - osserva Gardiner -. E in ogni caso, quando questi alla fine inizieranno a salire, si tratterà di un ritorno al business as usual, quindi più favorevole alle azioni che ai bond”. Sul fronte geopolitico, lo scenario centrale tratteggiato dallo strategist è che venga evitato un conflitto più ampio.
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