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6/11/2014 | pieremilio.gadda
Voluntary disclosure a una svolta. La nuova versione della procedura di regolarizzazione dei capitali detenuti illegalmente all’estero potrebbe vedere la luce entro il prossimo 20 giugno. Cinque sarebbero le novità principali contenute nell’emendamento firmato dal relatore Giovanni Sanga del Partito democratrico, in fase di studio alla Commissione finanze della Camera: la forfetizzazione per il calcolo dei rendimenti nel caso d’importi sotto i 2 milioni di euro, copertura penale anche per gli intermediari, estensione della procedura ai capitali occultati in Italia, sanzioni ridotte per i Paesi che aderiranno agli accordi per lo scambio automatico d'informazioni entro il 1 settembre 2014 e un canale agevolato per chi decide di reinvestire in azienda il nero rimpatriato.
“Sono pochissimi i contribuenti che hanno aderito nella fase iniziale della voluntary e si tratta dei casi più semplici: ad esempio gli eredi che intendevano regolarizzare un lascito prodotto da redditi evasi in un periodo non più accertabile e hanno dovuto pagare un costo compreso tra 12 e il 15%”, ricorda Andrea Ragaini, a.d. di Banca Cesare Ponti. In tutti gli altri casi, è prevalso un atteggiamento attendista. La fase due della voluntary sembra destinata, però, ad avere maggiore successo. Soprattutto se fossero confermate le modifiche contenute nell’emendamento Sanga, a partire dal tema della copertura penale a favore di contribuenti e intermediari: “L’esenzione dall’obbligo di segnalazione di operazioni sospette ai fini di antiriciclaggio per professionisti ed intermediari coinvolti nell’operazione è conditio sine qua non per il buon esito dell’operazione. E del resto bisogna scongiurare l’ipotesi che una volta chiusa la pratica con l’Amministrazione finanziaria, il fascicolo del contribuente finisca sulla scrivania del pubblico ministero”, sottolinea Ragaini.
L’obiettivo del governo, del resto, è fare cassa. Le entrate stimale dall’erario sono già contabilizzate tra le voci di finanziamento della spesa pubblica ed è assai probabile che vengano accolte alcune modifiche per rendere l’adesione più appetibile. “Bisognerà chiarire quali possano essere i costi dell’operazione. Valori vicini al 90-100% del capitale detenuto all’estero, come previsto in alcune ipotesi della versione iniziale, finirebbe per scoraggiare i più”. Come si sta attrezzando Banca Cesare Ponti per far fronte alle richieste dei clienti? “A differenza dei passati scudi, la voluntary richiederà un’analisi personalizzata, tagliata su misura del singolo contribuente. I nostri banker stanno ricevendo una formazione generica sulla tematica; dopo il primo contatto con i nostri consulenti, il cliente sarà messo in comunicazione con un professionista esterno che possa effettuare una radiografia della situazione, stimare il costo dell'operazione e accompagnarlo nella raccolta di tutta la documentazione da presentare agli uffici competenti”. Secondo Ragaini l’80% circa degli aderenti sceglierà di riportare fisicamente i capitali in Italia, mentre il restante 20% opterà per un rimpatrio giuridico.
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