Lombardia, Sardegna ed Emilia-Romagna. Queste le prime tre regioni d'Italia per capacità di creare start up innovative. Secondo i dati dell'Aifi, l’Associazione italiana del venture capital, private equity e private debt, infatti, dal 2013 al 2015, su 185 milioni di investimenti in capitale di rischio per favorire la creazione di start up innovative in Italia, in Lombardia ne sono stati investiti 48, in Sardegna 36 e in Emilia 25. In pratica, queste tre regioni hanno attratto quasi il 60% dei capitali.

Se si analizzano invece il numero di operazioni di "early stage", ossia gli investimenti nelle prime fasi di vita di un’azienda, in testa spicca ancora la Lombardia con 103 operazioni in tre anni su un totale di 362, seguita però dalla Campania (36) e poi dalla Sardegna (35) operazioni. Tolte alcune eccezioni, ci sono regioni del Sud dove il venture capital è praticamente inesistente: questo il caso della Basilicata e della Calabria, che tra il 2013 e il 2015 hanno registrato rispettivamente 1 e 5 investimenti; peggio hanno fatto ancora Puglia e Molise, che nel periodo considerato hanno riportato come numero 0.

“Bisogna fare un ulteriore scatto in avanti”, dichiara Anna Gervasoni, direttore generale dell’Aifi, che ricorda che “oggi in Italia c'è uno degli ecosistemi per start up migliori d’Europa, grazie anche a un quadro normativo e fiscale che negli ultimi anni è diventato più favorevole”. Un passo importante, intanto, è stata la creazione di operatori di venture capital regionali: 13, infatti, oggi hanno questa connotazione su un numero complessivo di 20.

Ma qual è il target di questi investimenti? In genere, le aziende che vengono finanziate con questo tipo di capitale di rischio (il ticket medio degli investimenti del venture capital è di circa un milione di euro) hanno da 0 a 3 anni, appartengono soprattutto ai settori dell’informatica, dei servizi non finanziari e del medicale, e sono guidate da imprenditori giovani, con un’età media intorno ai 30 anni.