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4/22/2016 | PierEmilio Gadda
Durante la conferenza stampa di ieri, Mario Draghi non ha riservato sorprese. Ma i dettagli sulle caratteristiche dei corporate bond che, a partire da giugno, potranno essere acquistati dalla Bce nell’ambito del programma di easing quantitativo hanno sgomberato il campo dagli equivoci: “L’autorità monetaria si è garantita un ampio margine di flessibilità – chiosa Matteo Ramenghi, chief investment officer di Ubs Italia.
Non aveva scelta: Draghi deve evitare a tutti i costi che l’Eurozona scivoli in deflazione perché quello scenario innescherebbe un pericoloso circolo vizioso e userà tutti i mezzi a sua disposizione per scongiurare questa ipotesi. “Quanto precisato ieri dopo la riunione del Consiglio Direttivo rafforza le nostre convinzioni in materia di asset allocation: il maggiore sovrappeso è sul credito societario e in particolare sulle obbligazioni high yield europee”, precisa Ramenghi. Nonostante il recente restringimento degli spread, il paniere dei bond speculativi europei offre ancora un rendimento interessante, prossimo al 4,5%, a fronte di un tasso di default atteso del 2%. “Il miglioramento in atto sul fronte macroeconomico e la nuova liquidità che verrà immessa dalla Banca centrale potrebbero ridurre ulteriormente il tasso dei fallimento: siamo convinti che le obbligazioni high yield esprimano ancora un buon valore”.
Sul fronte azionario, la preferenza di Ramenghi va però al paniere americano rispetto al Vecchio Continente. “Le previsioni degli analisti sull’andamento degli utili aziendali sono molto prudenti e, a livello aggregato, le trimestrali stanno superando le attese – osserva il Cio di Ubs Italia -. I dubbi sulla solidità della ripresa a stelle e strisce, nel frattempo, sembrano svanire. Se a inizio anno qualche analista profetizzava una caduta degli States in recessione, oggi questo scenario si è allontanato. I livelli di disoccupazione sono ai minimi e si osservano i primi segnali di un aumento delle retribuzioni orarie”.
Nonostante ciò, la Federal Reserve manterrà un orientamento ultra-accomodante: “Accanto a inflazione e occupazione, la Banca centrale americana ha un terzo mandato: la stabilità del biglietto verde”, ricorda il Cio di Ubs. Un aumento aggressivo dei tassi d’interesse eserciterebbe pressioni sul dollaro americano e, per effetto contagio, sulle materie prime e sui mercati emergenti, legati a doppio filo ai movimenti della divisa americana: da un lato, infatti, i Paesi meno sviluppati sono molto indebitati in dollari e dall’altro, sono per lo più esportatori netti di commodity.
Quanto all’Europa, il referendum sulla permanenza di Londra nell’Ue, in calendario per il prossimo 23 giungo, continua a destare preoccupazioni. Come ha ricordato lo stesso Draghi, i timori sull’ipotesi Brexit hanno già esercitato un impatto negativo sui mercati europei. “Nel frattempo, l’impasse scaturita dalle elezioni spagnole dello scorso dicembre alimenta un nuovo focolaio d’incertezza – conclude Ramenghi -. L’impossibilità di formare un governo spingerà presto Madrid verso nuove elezione”.
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