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3/16/2016 | Stefano Massarotto - Facchini Rossi Soci
La normativa fiscale italiana relativa alla tassazione dei dividendi transfrontalieri non contrasta con il diritto comunitario. Non costituisce pertanto una violazione dei principi della libera circolazione dei capitali (e della libertà di stabilimento).
In particolare, il fatto che l’Italia riconosca un tax credit per le imposte estere limitato alla quota parte dei dividendi tassati in Italia non costituisce alcuna discriminazione, ma la conseguenza dell’esercizio parallelo del potere impositivo da parte sia dello Stato della fonte dei dividendi (Francia) sia dello Stato di residenza degli azionisti (Italia).
Questo è quanto chiarito dalla Corte di Giustizia Ue con Ordinanza del 4 febbraio 2016 nella causa C-194/15, che riguarda la tassazione di dividendi di fonte francese percepiti nel 2007 e 2008 da persone fisiche residenti in Italia. I dividendi, dapprima assoggettati integralmente a ritenuta alla fonte francese con aliquota convenzionale (15%), in seguito hanno concorso per il 40% del loro ammontare alla formazione del reddito complessivo ai fini IRPEF in Italia degli azionisti, i quali hanno scomputato dall’imposta italiana l’intero importo della ritenuta subita in Francia.
L’Agenzia delle Entrate, però, ha rideterminato l’ammontare del credito nella misura del 40% della ritenuta francese subita, ritenendo applicabile la limitazione prevista dall’art. 165, comma 10, TUIR. La Corte, dopo aver affermato che la normativa fiscale italiana non discrimina i dividendi esteri da quelli domestici, chiarisce che l’eventuale doppia imposizione derivante dall’esercizio concorrente della potestà impositiva di due Stati non costituisce una violazione dei principi comunitari, con la conseguenza che l’Italia non è tenuta a eliminarla riconoscendo un credito d’imposta pieno quando i dividendi concorrono solo parzialmente alla formazione del reddito.
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