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Fisco e risparmio gestito, cosa conviene di più al cliente

10/15/2011 | Francesco D'Arco

La riforma fiscale introdotta dal governo ha generato nuove distorsioni nell'ambito del risparmio gestito. Secondo un'analisi condotta dalla Banca d'Italia i buoni postali e i titoli di stato sono particolarmente convenienti. Ma se, ad esempio, si vuole puntare sull'investimento obbligazionario, i fondi comuni...


 

In molti hanno brindato all'annuncio dell'equiparazione del regime fiscale tra fondi comuni di diritto italiano e fondi comuni di diritto estero, ora tassati tutti sul realizzato e non più sul maturato. 
 
L'entusiasmo per la tanto attesa equiparazione era poi leggermente scemato con l'introduzione, a partire dal 1° gennaio 2012, di un'unica aliquota di prelievo, pari al 20%, in luogo "dell'attuale aliquota del 27% applicata sugli interessi di depositi e conti correnti e su alcune tipologie residuali di strumenti finanziari" si legge nel disegno di legge delega. E in luogo dell'aliquota del "12,5% applicata sugli interessi delle obbligazioni pubbliche e private e sui dividendi". 
 
Novità fiscali che hanno alimentato il lavoro di tutti gli studi legali impegnati nel mondo del risparmio gestito e che ancora lasciano aperti alcuni interrogativi. Gli ultimi li ha sottoposti al Senato la Banca d'Italia. Nel corso della sua audizione, il capo ricerca economica di Palazzo Koch Daniele Franco, in merito alla nuova tassazione dei redditi da attività finanziarie, ha subito indicato gli "elementi di distorsione presenti nel sistema di tassazione dei redditi finanziari, alcuni dei quali derivanti dal recente provvedimento di riforma". 
 
Avete letto bene, le nuove norme, nate per equiparare regimi fiscali diversi fra loro, hanno cancellato vecchie questioni, rimaste aperte per anni, ma ne ha create di nuove.
 
In primo luogo non sono state rimosse le differenze di trattamento derivanti "dal momento di applicazione del prelievo" ha sottolineato subito Franco: "per le gestioni individuali è stata tenuta ferma la tassazione sul maturato", mentre i fondi comuni mobiliari hanno visto, come ricordato prima, il passaggio alla tassazione al realizzo.
 
Un cambiamento che genera un ulteriore vantaggio per "le gestioni collettive" soprattutto per quelle obbligazionarie. "A partire dallo scorso 1° luglio le gestioni collettive beneficiano, insieme ad altri prodotti finanziari domestici quali le polizze vita a contenuto finanziario e i titoli zero-coupon, di un trattamento fiscale più favorevole rispetto all’investimento diretto" ha spiegato Franco al Senato. "Si tratta del vantaggio finanziario derivante dal differimento dell’imposizione fino al momento della cessione o del riscatto delle quote non soltanto sulle plusvalenze, ma anche sui redditi di capitale (interessi e dividendi) via via incassati (tax deferral). Tale vantaggio, che riguarda ora sia i fondi italiani sia quelli esteri, è particolarmente rilevante per i fondi obbligazionari e risulta tanto più significativo quanto più lungo è il periodo di detenzione delle quote".
 
 
Infine, restando nell'ambito delle distorsioni create dai nuovi regimi fiscali sui redditi finanziari, emerge il trattamento favorevole garantito a titoli di stato e buoni postali. Il capo ricerca economica della Banca d'Italia nel corso della sua audizione al Senato sulla riforma fiscale e assistenziale ha sottolineato come l'aliquota del 12,5% riservata oggi ai soli buoni postali, assimilati alle obbligazioni pubbliche, rischia di "determinare svantaggi competitivi per la raccolta delle banche", e dei consulenti finanziari (ex-promotori finanziari) (aggiungiamo noi). 
 
 
Un privilegio che riguarda anche i titoli pubblici che vantano oggi di una tassazione che, a detta del capo ricerca economica di Bankitalia, è oggi un "unicum" in Europa. " "Diversamente dalle proposte più volte avanzate in passato, che in un'ottica di neutralità prospettavano l'unificazione dell'aliquota di prelievo per tutti gli strumenti finanziari, la nuova misura di prelievo del 20% non si applicherà sui proventi dei titoli pubblici sia italiani che dei paesi esteri compresi nella white list, per i quali resterà ferma l'attuale aliquota del 12,5%" spiega ancora Franco. "Ne deriverà una probabile segmentazione del mercato obbligazionario, con la creazione di un'area di vantaggio per i titoli pubblici italiani e di altri paesi della white list e un possibile spiazzamento degli strumenti di raccolta delle imprese private, che risentirebbero dell'aumento del costo del finanziamento con debito. La tassazione ad aliquota ridotta al 12,5%, riservata anche ai buoni postali, che sono stati assimilati alle obbligazioni pubbliche, potrebbe determinare svantaggi competitivi per la raccolta delle banche".
 
E, alla fine, Franco lancia un allarme: attenti a non creare una nuova distorsione con l'introduzione di un regime agevolato per i piani di risparmio a lungo termine, ai quali non si dovrà applicare l'aliquota del 20% ma un'aliquota inferiore non ancora determinata. 
 
"Occorrerebbe valutare più attentamente l’effettiva meritorietà di tali piani, soprattutto tenuto conto che l’attuale grado di sviluppo dei mercati finanziari rende indefinito il concetto stesso di investimento 'a lungo temine'" conclude Franco. "Inoltre, il sistema vigente già tutela gli strumenti di previdenza integrativa: poiché i piani di risparmio a lungo termine sarebbero in concorrenza con questi ultimi strumenti, andrebbero previsti vincoli normativi analoghi (quali l’impossibilità di liquidare l’investimento nel medio periodo e limiti all’erogazione sotto forma di capitale)".

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