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5/6/2015 | Alessandra Protani
Il matrimonio tra trust e ordinamento italiano viene messo in discussione dal Tribunale di Udine che, con sentenza del 28 febbraio 2015, ha dichiarato nulli due trust perché «non possono essere riconosciuti dal nostro ordinamento».
Una sentenza che fa discutere dal momento che il nostro paese si è impegnato, ai sensi dell’art. 11 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, in forza della legge 26 ottobre 1989, n. 364., a riconoscere nel proprio ordinamento gli effetti dei trusts che posseggono le caratteristiche di cui all’art. 2 della Convenzione, pur non avendo una disciplina interna della materia.
Nel mirino del Tribunale di Udine, in particolare, è finito il trust interno, cioè quel trust in cui, secondo la definizione datane da chi ha proposto tale espressione, "tutti gli elementi soggettivi ed obbiettivi" sono "legati ad un ordinamento che non qualifica lo specifico rapporto come trust, mentre esso è regolato da una legge straniera che gli attribuisce quella qualificazione".
Alla luce della sentenza del giudice friulano è evidente che una discussione sulla validità dello stesso è oggi più che mai anacronistica anche se è pur vero che per mettere un punto fermo alla questione è necessario un pronto intervento del legislatore.
Ma qual dovrà essere la finalità dell'intervento? E perché la sentenza del Tribunale di Udine presenta degli aspetti discutibili? La risposta nella riflessione a firma Alessandra Protani disponibile sul sito FCHub.it, un’iniziativa on line dell’editore della Rivista Bancaria – Minerva Bancaria.
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