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11/28/2012 | Ippolito Catania
Così com'è passata alla Camera la Tobin tax rischia non solo di ridurre dell'80% gli scambi sui derivati ma anche di far fuggire i capitali verso piattaforme internazionali dove riscuotere l'imposta sarà difficile se non impossibile, o su circuiti opachi.
Questa l'opinione della maggior parte degli esperti emerse a una tavola rotonda che ha concluso la nona edizione dell'Annual Economia & Finanza organizzata dal Sole 24 ore e London Stock Exchange - Borsa Italiana. Del resto, l'ultimo emendamento presentato dal Pd e approvato a Montecitorio, nato sull'onda emotiva di far pagare gli speculatori, non ha incontrato i favori delle banche né delle grandi imprese.
La norma, infatti, che entrerebbe in vigore il primo gennaio, prevede un'imposizione generale dello 0,05% sulle transazioni in strumenti finanziari, salvando solo i titoli di Stato della Ue; l'emendamento, in particolare, vincola l'esecutivo a "considerare un ampliamento della base imponibile che includa tutti gli strumenti derivati e una conseguente riduzione delle aliquote tenendo in considerazione anche gli operatori esteri e i trader che effettuano un gran numero di scambi giornalieri, nonché i trader online"
Per questo, secondo quanto riporta MF - Milano Finanza che cita una autorevole fonte del Tesoro, il governo sarebbe pronto a fare marcia indietro al Senato, presentando un emendamento che ricalchi la norma in vigore in Francia, dove si paga non su ogni singola transazione ma sul saldo di fine giornata, norma che di fatto salva i trader che chiudono a saldo zero e le grandi banche e che risparmia le opzioni negoziate dall'estero e market maker. Per evitare fuge in massa di capitali, inoltre, il governo sarebbe pronto ad allargare la base imponibile anche ai contratti non siglati in italia.
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