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5/13/2011 | federico.leardini
LA ROADMAP - Sei mesi per mettersi al riparo dalle crisi.
SI avvicina al rush finale il percorso delle grandi banche mondiali verso la sicurezza: da qui a novembre, infatti, saranno definite e implementate le regole e i requisiti di capitalizzazione e di deposito minimi per salvaguardare la stabilità degli istituti di interesse sistemico.
Un sentiero che sta già allarmando i vertici dei grandi gruppi mondiali, che stanno alla finestra aspettando di valutare l'impatto sui conti e l'operatività dei loro istituti che le decisioni dei "controllori" della finanza mondiale assumeranno.
I DUBBI - Tre le incognite principali a cui dare soluzione: la prima e paradossalmente la meno preoccupante è l'entità che le nuove riserve anticrisi dovranno avere.
Ma su questo fronte i grandi istituti sembrano decisamente corazzati.
Più dense di insidie invece le altre due problematiche: i tempi e le modalità di creazione di queste riserve di capitale.
Sulle tempistiche il timore principale è che qualora dall'oggi al domani fosse richiesto di creare un fondo di cassa anticrisi, l'impatto di questo prelievo vada ad impattare pesanetemente sui risultati e l'operatività dell'esercizio delle banche.
Sul fronte modalità ci si interroga se possa essere più vantaggioso costituire il fondo anticrisi sull'equity, ritenuto più sicuro, o sul capitale contingente, soluzione preferita dalle banche.
Incognite a cui le prime risposte potranno essere date nel corso delle prossime riunioni del Financial Stability Board a luglio, per arrivare al G20 di novembre con una lista chiara e certa di nomi e procedure per evitare una seconda ondata di salvataggi di Stato per le too big to fail.
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