“Puoi scoprire chi nuotava nudo solo quando la marea si ritira”. Uso questa citazione di Warren Buffet per esemplificare la mia sensazione a riguardo di ciò che è successo alle tematiche ESG nell’asset management. Negli ultimi 12/18 mesi stiamo assistendo a fenomeni abbastanza impressionanti per rapidità e per veemenza: fondi articolo 8 SFDR che vengono riclassificati ad articolo 6, case di investimento che tolgono ogni riferimento ESG ai nomi dei fondi, flussi di raccolta nei fondi art. 8 e 9 al lumicino (se non addirittura negativi). Ma cosa sta davvero succedendo? Siamo al tramonto dell’ESG? Decisamente no, è la mia opinione. 

L’industria del risparmio gestito, dietro alla spinta dei regulators sta semplicemente mettendo ordine in un settore estremamente complesso e difficile da regolamentare; ciò che credo è che siamo ad un punto di flesso, dove i nodi vengono al pettine, ma ciò non toglie che le tematiche ambientali, sociali e di governance continueranno ad essere una via obbligata per l’evoluzione futura non del solo settore degli investimenti ma dell’intera umanità.

Quando però il non addetto ai lavori, come può esserlo un cliente finale, pensa ad ESG, di norma il suo pensiero si sofferma principalmente sulla prima lettera, sulla E di ecologia. E in questa arena osservo proprio il più grande contrasto: i media e la pubblica opinione non stanno per nulla togliendo i riflettori dal clima e dalle tematiche ambientali, ne stanno anzi esasperando i toni (in Italia in particolare modo), mentre sul fronte del risparmio gestito l’interesse per i fondi tematici su questi temi ha subito una impressionante battuta di arresto. Cerchiamo di capire cosa succede.

Tra il 2019 ed il 2021 vi era stata la corsa a fare classificare i propri fondi come sostenibili (specie art. 8), con alcuni casi clamorosi di case di investimento che “girando la chiave” dalla sera alla mattina avevano modificato decine di fondi senza che in realtà fosse davvero cambiato niente.

La spinta emotiva sui temi ambientali in particolare era fortissima, gli occhi di tutti erano puntati su Greta Thunberg e se volevi vendere un fondo dovevi tesaurizzare queste tematiche o eri “fuori”.

Ora fa davvero specie vedere che sta succedendo l’esatto contrario. L’obbligo di dare disclosure dei PAI (principali effetti avversi) ha dato certamente una spinta forte ai comportamenti degli asset manager, ma il grosso problema e’ che di fatto negli ultimi mesi la spinta commerciale verso l’ESG è praticamente zero, con grande nocumento anche di chi ESG lo fa da tempo immemorabile e seriamente.

Qui entra in gioco, appunto, la buffettiana marea che si ritira. I “greenwasher” e coloro che hanno pennellato di verde i propri fondi senza davvero considerare ed incorporare le tematiche ESG stanno tornando nudi sulla spiaggia tra il pubblico ludibrio, mentre chi ha indossato correttamente il prorio costume da bagno puo’ continuare serenamente a nuotare, sapendo tra l’altro che l’alta marea tornera’ e loro potranno godere di un vantaggio notevole.

Vista da questa angolazione, la questione assume contorni più normali; fasi di crescita e battute di arresto caratterizzano la maggior parte dei trend socioeconomici più solidi e longevi e della civilizzazione stessa. Si tratta solo, a mio avviso, di prendere consapevolezza della fase in cui ci si trova.

Tanti anni di esperienza mi hanno insegnato che quando in coda dal panettiere senti parlare di un argomento, con ottima probabilità si è in fase di bolla. Nel 1999 dal panettiere sentivo parlare di Tiscali. Nel 2021 di ESG.

* ART-NOC è lo pseudonimo di un esperto manager italiano che da oltre 25 anni lavora nell'industria finanziaria internazionale e non ha mai smesso di osservarla con curiosità e con un approccio costruttivamente critico. I pareri contenuti negli articoli a firma ART-NOC sono espressione dell’opinione personale e indipendente dell’autore.