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Target sostenibili: non esiste solo la "E"

8/2/2023 | Redazione Advisor

Secondo Ophélie Mortier, chief sustainable investment officer di DPAM è arrivato il momento di considerare la sostenibilità nella sua globalità


"Ondate di caldo senza precedenti in Cina, siccità incessante in Spagna, incendi devastanti in Canada e un calo storico del livello dell'acqua del Canale di Panama: queste calamità legate al clima sottolineano continuamente la necessità impellente per politici e investitori di entrare in azione" sottolinea Ophélie Mortier, chief sustainable investment officer di DPAM. Ma molto spesso l'attenzione si concentra e si è concentrata solamente sul climate change.

 

Grazie al supporto poi di iniziative politiche come la legge statunitense sulla riduzione dell'inflazione, il Green Deal europeo, il programma di trasformazione green del Giappone. Contemporaneamente, il monitoraggio dei rischi climatici a livello mondiale è in aumento, con i Paesi che implementano le raccomandazioni del TCFD o i requisiti della tassonomia, valutando efficacemente i rischi climatici. 

"Anche gli investimenti in tecnologie per l'energia pulita continuano a crescere. Tecnologie come l'energia solare, l'eolico e le pompe di calore potrebbero triplicare il loro valore fino a raggiungere i 650 miliardi di dollari entro il 2030, se i Paesi si impegneranno a rispettare gli impegni assunti in materia di clima. Questa crescita potenziale sta spingendo la domanda dei settori che cercano energia verde a prezzi accessibili" continua l'esperta di DPAM.

 

Ma attenzione a pensare solo all'ambiente, perché il cambiamento climatico avrà impatti non solo sull'ambiente. "I cambiamenti in corso nel nostro ambiente non solo metteranno a dura prova le strutture sociali, ma delineeranno anche una nuova traiettoria per i diritti umani, la gestione della catena di approvvigionamento e i mercati del lavoro in tutto il mondo" precisa Mortier.

La preoccupazione principale riguarda le condizioni del lavoro e dei diritti umani in settori critici come quello minerario, dove le pratiche rimangono controverse. È importante notare che la produzione di tecnologie energetiche pulite è spesso largamente controllata da nazioni specifiche, come la Cina, e tali monopoli non faranno altro che aggravare le problematiche sociali esistenti negli anni a venire. Anche le continue violazioni dei diritti umani lungo le catene di approvvigionamento delle società richiedono un urgente riconoscimento globale e un'azione adeguata. 

D'altra parte, il passaggio all'energia sostenibile porta con sé anche promettenti opportunità, soprattutto sotto forma di occupazione.

 

"Le previsioni indicano che entro il 2030 il numero di posti di lavoro nella produzione di energia pulita potrebbe passare da sei a quasi quattordici milioni, grazie soprattutto ai veicoli elettrici, all'energia solare, all'eolico e alle pompe di calore. Tuttavia, i mercati del lavoro incontrano difficoltà a causa delle disparità nella distribuzione geografica, dei livelli di competenza e della tensione tra tendenze a breve e a lungo termine. La competizione per i talenti è feroce e la lotta per i diritti dei lavoratori continuerà a intensificarsi in presenza della minaccia incombente dell'invecchiamento della forza lavoro. Con il declino della popolazione cinese e il continuo crollo dei tassi di natalità in Giappone, i cambiamenti demografici potrebbero avere un impatto più profondo sulle economie e sui sistemi sanitari rispetto alle questioni economiche di breve termine (ad esempio, inflazione e rallentamento economico)" riflette l'esperta di DPAM.

Questi sviluppi evidenziano la complessa interazione tra cambiamenti climatici, diritti umani, mercati del lavoro e cambiamenti demografici. Quando si parla di governance, è importante considerare sia la prospettiva aziendale che quella nazionale. 

"Dal punto di vista dei Paesi, i governi dovrebbero concentrarsi sulla creazione di catene di approvvigionamento sicure, resilienti e responsabili per l'energia sostenibile e pulita. Per realizzare questo obiettivo, ogni Paese deve esplorare i propri punti di forza e di debolezza, soprattutto a fronte dell'invecchiamento della popolazione" prosegue l'esperta.

"In conclusione, le sfide intrecciate del cambiamento climatico, dello sconvolgimento della società e della governance transfrontaliera ci impongono di considerare un approccio olistico. Siamo confortati dai passi avanti compiuti nello sviluppo delle politiche, negli investimenti nelle tecnologie pulite e nel modo in cui i mercati stanno iniziando a rispondere. Tuttavia, riconosciamo che il nostro percorso non riguarda solo l'ambiente. Significa anche affrontare questioni sociali critiche, come i diritti dei lavoratori e la gestione della catena di approvvigionamento. Bilanciare le considerazioni ambientali, sociali e finanziarie non è un'impresa facile e richiederà sforzi strategici continui con gli stakeholder per raggiungere obiettivi sostenibili" conclude la chief sustainable investment officer di DPAM.

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