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8/10/2022
A livello globale, gli investitori istituzionali si stanno impegnando formalmente a raggiungere lo zero netto: 43% in Europa, 44% in Asia e 32% negli Stati Uniti. Inoltre, man mano che implementano misure per raggiungere questo impegno, valuteranno sempre più le metriche a livello di portafoglio. E’ quanto emerge da un nuovo white paper, pubblicato da Cerulli Associates, da titolo “Net-Zero Investment”.
Cerulli rileva che i requisiti di rendicontazione degli enti in Europa, Asia e Stati Uniti, sono diventati più severi, poiché mirano a garantire che questi dispongano di dati sufficienti da riportare ai propri stakeholder. In Europa, circa l'80% degli investitori istituzionali richiede dati che si riferiscono alla propria esposizione ai rischi legati alla transizione energetica e ai rischi climatici, e il 61% richiede l'impronta di carbonio dei propri portafogli. Allo stesso modo, i detentori di asset con sede negli Stati Uniti pianificano sempre più di incorporare il rischio climatico nei mandati: il 38% delle aziende richiede già la segnalazione del rischio climatico da parte dei gestori e il 34% prevede di farlo entro due anni. In Asia, l'esposizione a livello di portafoglio ai rischi climatici (69%), l'esposizione a livello di sicurezza al rischio climatico (74%) e le metriche di test di scenario per il cambiamento climatico (57%) saranno le richieste principali da parte degli investitori istituzionali nei prossimi due anni.
Nei prossimi 12-24 mesi, gli asset manager dovrebbero prevedere un forte aumento dell'interesse per la misurazione della “temperatura” del portafoglio. Secondo la ricerca, la capacità dei manager di farlo attualmente varia in base alla regione. La misurazione dell'impronta di carbonio del portafoglio, l'esposizione alla transizione energetica e i rischi climatici fisici, nonché l'allineamento a uno scenario di aumento della temperatura di due gradi sono categorie coerenti sulle quali i gestori di Europa e Stati Uniti stanno eseguendo le valutazioni.
Secondo il white paper di Cerulli, in Europa l'88% dei gestori in Europa può riferire sull'impronta di carbonio del proprio portafoglio di investimenti; negli Stati Uniti la percentuale si attesta al 79%. Il 29% dei manager europei può riferire sull'esposizione ai rischi legati alla transizione energetica e ai rischi fisici per il clima; negli Stati Uniti è in grado di riferire su questa misura il 32% dei gestori. Infine, il 29% dei manager in Europa può riferire su uno scenario di aumento della temperatura di due gradi, percentuale che negli Stati Uniti si attesta al 18%.
Il monitoraggio del rischio specifico dell'impresa, l'allocazione a investimenti sostenibili e le strategie di decarbonizzazione sono diventati sempre più sofisticati e più mirati man mano che vengono raccolti dati migliori e più dettagliati. Tuttavia, il reperimento dei dati rimane ancora un ostacolo. "Gli asset manager continuano ad affrontare sfide e sono alla ricerca di dati di migliore qualità", spiega David Fletcher, senior editor della società di consulenza statunitense, secondo il quale i gestori patrimoniali, in particolare in Europa, in grado di risolvere rapidamente tali problemi relativi a dati e report saranno quelli meglio posizionati. “Riteniamo che gli investitori istituzionali in questa regione cercheranno di collaborare con gli asset manager che offrono una forte competenza nella valutazione e nella rendicontazione del rischio climatico. Tali strumenti saranno molto ricercati dagli investitori istituzionali europei, che sono sempre più focalizzati sull'analisi degli scenari e sugli stress test", conclude.
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