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Giuliani (Azimut): “30 anni da outsider. E continueremo a ballare da soli”

1/10/2020

“Quando ci siamo quotati abbiamo rotto un tabù dimostrando che si poteva fare finanza in maniera indipendente. I numeri lo confermano. Essere i primi della classe è sempre scomodo”


“Quando ci siamo quotati (nel 2004, ndr.) abbiamo rotto un tabù. Fino ad allora chi faceva finanza in Italia aveva sempre soci e azionisti di riferimento che facevano parte dell’establishment, noi siamo stati i primi, e siamo ancora gli unici ad essere indipendenti”. Pietro Giuliani, presidente di Azimut Holding, nel ripercorrere i primi 30 anni di storia della realtà da lui creata nel 1990 sottolinea subito quella che considera una peculiarità unica nel panorama finanziario italiano. 

 

Talmente unica da “dare fastidio” spiega ancora Giuliani, intervistato da Advisor in occasione della due giorni celebrativa del trentennale di Azimut che si sta svolgendo a Montecarlo. “In questi anni abbiamo dimostrato che anche in Italia si può seguire la via dell’indipendenza e  ‘fare finanza’ senza essere legati per forza a grandi nomi. Questo dava fastidio trent’anni fa, dava fastidio quando ci siamo quotati e da ancora fastidio”. 

 

Secondo lei, questo fastidio da cosa nasce? “La paura che c’era quando ci siamo quotati era che potessimo diventare grandi, come infatti siamo diventati: nel 2004 avevamo masse per circa 7 miliardi di euro, oggi ne abbiamo quasi 60, in 15 anni abbiamo praticamente moltiplicato per 10 i nostri asset, superando anche i confini nazionali (oggi il 30% delle masse sono raccolte fuori dall’Italia, ndr)”, continua Giuliani che non nasconde l’orgoglio di aver avuto in questi 30 anni (e soprattutto negli ultimi 15) un ritmo di crescita superiore a quello dei competitor. “Finché in un settore tutti si muovono secondo le stesse logiche sei sicuro che quell’industria evolve ad una velocità controllata, noi invece abbiamo scelto una strada diversa e siamo andati più veloci rispetto al resto del mercato: un outsider come noi, al di fuori da tutti i giochi, rompe inevitabilmente gli schemi”.

 

Una “rottura” che ha portato a chiudere il 2019 con utili tra i 360 e i 370 milioni di euro, il migliore nella storia del gruppo (vedi articolo). Ma che per Giuliani non è un punto d’arrivo: “Il nostro valore è superiore. Sicuramente i dati che abbiamo presentato sono il miglior modo per festeggiare i nostri 30 anni ma se guardo al valore del nostro titolo credo che continuiamo a pagare la non corretta valutazione del nostro business internazionale” afferma il presidente di Azimut Holding. Il motivo di questa “non corretta valutazione”? “L’invidia” chiosa Giuliani. “Esser i primi della classe è sempre scomodo”.

 

Ma come primi della classe punterete a crescere anche per linee esterne? “No. Io credo che possiamo tranquillamente continuare da soli. Il problema dimensionale si crea nel momento in cui fai fatica a crescere o se non hai numeri importanti. Fattori che non ci riguardando. Azimut continua a crescere in maniera significativa ecco perché, se guardo in Italia, non trovo grande interesse per operazioni straordinarie. Le uniche operazioni straordinarie che sono pronto a valutare sono all’estero. Noi siamo una realtà globale”, conclude Giuliani. 

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