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10/21/2019
Azimut è pronta a investire almeno il 15% del suo patrimonio complessivo in investimenti alternativi entro la fine del 2024. E guardando ai mercati emergenti, l’obiettivo del gruppo è espandersi. Economia reale, alternativi, paesi emergenti: sono questi i pilastri di un piano industriale che Pietro Giuliani (nella foto), presidente del gruppo, ha presentato a fine settembre alla stampa soffermandosi, soprattutto, sul futuro di Azimut Libera Impresa SGR e sulla due giorni ALI EXPO che trasformerà il prossimo 29 e 30 ottobre la Milano Rho Fiera nel “cuore pulsante” dell’economia reale. Due giorni che avvicineranno definitivamente risparmio gestito e piccole e medie imprese.
Una sfida ambiziosa e in perfetto stile Giuliani che in questa intervista rilasciata ad AdvisorOnline.it in occasione della sua ultima uscita pubblica (Consulentia19 a Bologna, ndr) ha rispedito al mittente le critiche che hanno accompagnato la presentazione del piano industriale e l’annuncio di ALIEXPO. E lo fa senza nascondere la propria soddisfazione e, naturalmente, con quella giusta dose di provocazione.
Azimut sarà la “Blackstone” Made In Italy. È questo il grande obiettivo che avete dichiarato quando avete presentato ufficialmente Azimut Libera Impresa Sgr. Non solo. La nuova piattaforma di investimenti alternativi dovrà, entro il 2024, gestire masse pari al 15% degli aum di tutto il gruppo. Guardare all’economia reale è davvero la scelta vincente?
Mario Draghi, quando ha passato il testimone a Christine Lagarde ha spiegato chiaramente che ci saremmo tenuti i tassi bassi e negativi per anni. Nel 2019 la raccolta netta del risparmio gestito in Italia, se togliamo le operazioni istituzionali, non supera i 200 milioni di euro. Personalmente penso che il settore dell’asset management sia in crisi. In questo periodo hanno difficoltà a realizzare utili anche i colossi internazionali del settore, lo dimostrano le trimestrali presentate nei mesi scorsi. Quindi se operi nel risparmio gestito e vuoi offrire rendimenti ai clienti non puoi, nei prossimi anni, limitarti a offrire un’esposizione forte nel mercato azionario. Gli alternativi sono, oggi, tra le poche forme di investimento che ti permettono di coprire, a livello di rendimenti, il grande vuoto lasciato dai mercati obbligazionari. Chi non lo farà, chi non seguirà la via degli investimenti alternativi rimane fuori dai giochi. Così come è accaduto alle banche di 15 anni fa che non hanno cambiato il loro modello di business mantenendo la logica delle filiali. Gli investimenti alternativi, l’attenzione all’economia reale, non è un’opzione. È un must. Chi lo fa per primo e lo fa in maniera decisa prospererà bene. Chi non lo fa resta fuori dal mondo.
Non si sopravvive senza alternativi, ma qualcuno sostiene che si sopravvive senza crescita internazionale. Soprattutto se “emergente” come quella di Azimut. Insomma cosa risponde a chi afferma che avete scelto i lidi sbagliati?
Facciamo un passo indietro. Se consideriamo l’Italia di 30 anni fa - inflazione a rischio, governi che cadevano ogni sei mesi, crisi borsistiche frequenti e importanti - pensiamo ad un paese ‘emergente’ e a rischio. Ma se guardiamo all’Italia di oggi, tolto il debito pubblico eccessivo, abbiamo di fronte un paese che non si è rivelato ‘a rischio’, ma anzi che ha avuto una crescita significativa e dato soddisfazione a chi ci ha creduto. Bene la nostra crescita internazionale sta toccando proprio quei paesi che, come l’Italia di 30 anni fa, hanno tutte le carte in regola per crescere in maniera significativa. Sono analoghi a quell’Italia e per questo caratterizzati da una volatilità importante ma con davanti un periodo di crescita importante. E noi siamo già pronti per coglierla questa crescita. Abbiamo già masse importanti e gestori molto validi in molti paesi. Insomma Azimut è una realtà internazionale, capisco che questo può disturbare chi non si è attrezzato e sa che, per arrivare ad un traguardo simile al nostro a livello globale deve aspettare almeno 10 anni. Ma fossi in loro metterei da parte l’invidia e comincerei a lavorare.
E secondo lei nasce sempre dall’invidia la critica alla scelta di avere 5 amministratori delegati? C’è chi sostiene che sono troppi i manager da mettere d’accordo?
Mettere d’accordo le persone è la cosa più difficile del mondo. A quel punto puoi decidere se gestire la questione subito al vertice, e quindi impostare le soluzioni e risolvere tutti i dubbi a livello più alto trovando un accordo con 5 amministratori delegati. Oppure rimandare le questioni ad un livello più basso, lasciando ai direttori centrali (o simili) il compito di gestire eventuali incomprensioni. Io credo che in questo secondo caso il controllo sull’azienda da parte dei vertici si riduca. Detto questo continuo a ricordare che i 5 amministratori lavorano insieme da tempo e stanno lavorando insieme senza alcun problema.
Azimut Libera Impresa SGR si prepara a celebrare l’unione con l’economia reale e il risparmio gestito con ALIEXPO, l’evento che il 29 e 30 ottobre vedrà coinvolte oltre 10.000 persone a Milano Rho Fiera. Un messaggio chiaro e ambizioso che sembra voler sottolineare che il modello “ALI” non è “replicabile”. È così?
ALI è un modello replicabile, come tutti i modelli, però bisogna fare tutto quello che noi abbiamo iniziato a realizzare 5 anni fa.
Insomma non si può improvvisare. Direi un modello di business per “pochi”?
Diciamo che lo possono fare tutti gli uomini di buona volontà.
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