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6/3/2017 | Nicola Ronchetti - GfK
Il tema della valorizzazione della propria brand equity e della conseguente capacità di distinguersi dai competitor, non solo su variabili tangibili ma anche su variabili intangibili, sta investendo anche l’industria del risparmio gestito in Italia e non solo.
Il valore del brand è fondamentale per la reputazione stessa delle SGR in tempi di forte volatilità dei mercati e per qualificare e differenziare le SGR non solo presso i consulenti ma anche presso i clienti dei consulenti. La nostra tesi è che oltre a lavorare in un’ottica B2B (SGR-Consulente Finanziario/Rete) potrebbe quindi essere utile affiancare anche una comunicazione B2B2C che sicuramente contribuisce a rendere il lavoro dei consulenti più semplice.
Le variabili legate a prodotti e performance in un mercato “performance driven” sono necessarie ma non sufficienti, se non accompagnate da quelle legate alla qualità del servizio (consulenza, personale e marketing) e alla valorizzazione del brand della società ed alla differenziazione/specializzazione dei prodotti.
Senza variabili quali il brand e la componente legata al servizio c’è infatti il rischio per le SGR di divenire commodity.
L’industria del risparmio gestito sta vivendo un periodo di forte crescita in Italia con l’ingresso di nuovi player ogni anno, in questo contesto si possono però già intravvedere degli elementi che potrebbero omologare l’offerta ed aumentare la competizione sui costi quali ad esempio:
1. l’inserimento dei propri fondi nei contenitori creati dai distributori (wrapped, white label) che di fatto potrebbero spersonalizzare il brand della singola SGR e soprattutto di quelle meno note
2. l’aumento della concorrenza sta portando ad una battaglia sui margini e ad un aumento dei costi della distribuzione molto più che in un recente passato
3. è in arrivo la stagione delle fusioni, tipiche dei settori maturi (Pioneer Amundi, Janus Henderson, Aberdeen Standard Life, ecc.)
4. il quadro regolamentare (MIFID II) avrà anche un impatto importante sull’aumento dei costi per gli operatori dovuti all’introduzione di nuovi sistemi informativi, nuovi processi e controlli messi in atto per garantire la conformità alla normativa: i costi di compliance oggi al 4% dei costi operativi arriveranno fino al 13%
In questo contesto sembra fondamentale interrogarsi sugli impatti che tali elementi potrebbero avere sul business attuale delle SGR e domandarsi se sia opportuno ampliare la propria offerta affiancando agli attuali canali distributivi (consulenti finanziari e private banker) nuovi canali oggi presidiati da pochi operatori.
Pensiamo ad esempio al canale dei clienti bancari retail/affluent che da solo vale oltre 700 miliardi. È un mercato completamente diverso da quello tradizionalmente servito dai consulenti e dai private banker.
Alcune SGR sono già presenti in questo canale, attuando politiche di marketing e commerciali ad hoc, altre SGR sono scettiche sulle effettive ed immediate potenzialità di questo canale e preferiscono stare nella zona di conforto rappresentata dagli attuali canali distributivi (consulenti finanziari e private banker).
Noi scommettiamo sulla importanza per le SGR di essere presenti in modo organico anche sul canale bancario tradizionale, anche perché - come è capitato anni fa nel mondo dei promotori finanziari - chi primo arriva meglio alloggia.
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